
STRADONE DI GENOVA-IL SALTO DEL CAVALLO
Molti la conoscono a malapena eppure si tratta di una strada importante; strada che risale la Vallongina dalla Via Emilia a Castelnuovo Fogliani e raggiunge, in sequenza, Vernasca, Bore, il Pelizzone e Bardi. È lo storico “Stradone di Genova”.
Al tempo di Maria Luigia sul tratto tra gli attuali Bacedasco Basso e Bore svolgeva il proprio servizio postale Pinén, che poi sarebbe il diminutivo di Giuseppe, piccolo Giuseppe.
Pinén tanto piccolo di statura e magrolino, quando energico, gran lavoratore e buon bevitore. Di mestiere, come già il padre, postino a cavallo; e come il padre, anch’egli piccolo e magrolino, persona che ispira fiducia. Era stato assunto pochi anni dopo aver prestato servizio come stalliere per il conte che aveva una bella tenuta di campagna poco distante dall’Ongina, dove ora c’è Bacedasco Basso.
Appassionato di cavalli, abile cavallerizzo, favorito dalla statura e dal peso, Pinén, ome spesso capita alle persone piccole aveva una predilezione per i cavalli grandi, quelli più grandi di pura razza bardigiana. In particolare li prediligeva morelli, maschi e un po nervosetti; in pratica molto vivaci e veloci.
Alla mattina di buon ora si recava nella stalla dove governava il suo cavallo che di nome faceva Vento; e poi lo portava nel portico davanti a casa dove consumava una frugale colazione con un bicchiere di vino bianco nel quale intingeva un gran pezzo ciambella secca o di pane nero, l’unico che più spesso si poteva permettere la gente come lui. Vento, intanto, infilato il suo lungo muso nel sacco della biada, attendeva pazientemente l’inizio del servizio quotidiano.

IL GIORNO DI PINÉN
Pinén saliva sul davanzale della finestra bassa e con un piccolo balzo montava Vento che piegava la sua lunga testa verso il basso in segno di assenso; iniziava la su giornata “postale” scendendo al piccolo trotto verso Castelnuovo, dove sorgeva la stazione di posta, attendeva pazientemente che il gerente gli consegnasse i soliti due/tre plichi e poi partiva. Quel giorno aveva in consegna un plico per Vernasca e uno per Metti. Quest’ultimo di gran lunga il più importante poiché conteneva una missiva con qualche valore.
Ma tutti conoscevano anche le abitudini Pinén: ogni mattina raggiunta Vernasca si fermava all’osteria e non disdegnava una cantatina in compagnia, con i soliti compari un po’ sfaccendati e molto buontemponi. Quel giorno, era un venerdì d’inizio estate, Pinén aveva cantato forse troppo e chiacchierato molto, complice un bicchiere di robusto vin rosso e un po’ troppo lentamente, contrariamente al solito passo svelto, si stava dirigendo verso Bore, dove c’era la stazione di posta del comune di Metti. Aveva appena superato la Ranca e poi il ponte del Lanzone e si trovava in quel tratto più pianeggiante, dopo la salita, dove la strada era “costretta” tra il monte e il fondovalle della Borla, un punto dove non era possibile scartare a destra o a sinistra ma solo andare avanti o tornare indietro. Di solito Pinén, al solito guardingo, quel tratto lo percorreva velocemente per recuperare il tempo perso ma anche per evitare cattive compagnie che, come tutti ben sapevano, “frequentavano” il luogo.
Stavolta, forse un po’ annebbiato dal vin robusto era insolitamente lento e la sua lucidità messa a dura prova dal sole che iniziava a far sentire i suoi effetti estivi.
E forse neppure di era accorto di esser proprio lì, in quel tratto un pericoloso ove occorreva esser guardinghi.
BRIGANTI IN AGGUATO
Appena superata la curva, il nostro, si rese conto che sulla stretta carreggiata stradale giaceva un tronco di traverso che impediva il regolare, e rapido, transito. Pinén esitò, quasi si arrestò ma poi con tocco lieve incitò Vento…
Giunto a pochi metri da quell’ostacolo dalla macchia soprastante la strada “emerse” un brutto ceffo bardato con un ampio cappellaccio, che con un rudimentale archibugio intimò l’alt.
Pinén pur sorpreso per l’insolita situazione, per nulla intimorito, non si perse certo d’animo e, sicuro della prestanza del suo Vento, assestò un colpo secco sul fianco del cavallo, incitandolo anche verbalmente ” op…op…op…dai Vento, dai... op…op…”.
Il nervoso e brillante maschio bardigiano scattò all’istante, veloce e “furibondo” in direzione del bandito che, sorpreso, tentò di reagire, alzano le mani per arrestare il cavallo, ma venne travolto e il tronco superato dal cavallo con un gran salto, un salto eccellente da vero purosangue qual era Vento.
E la corsa al galoppo si interruppe solo dopo parecchie decine di metri, in direzione di Pione, verso la stazione di posta di Bore di Metti.
Quel prodigioso salto aveva salvato Pinén da un probabile licenziamento e il plico postale che conteneva qualche valore.
Quello raccontato potrebbe esser molto verosimile ma, di sicuro, la località “Salto del cavallo” esiste veramente tra la Ranca e Pione sullo Stradone di Genova dopo Vernasca, tra il ponte di Lanzone e la Locanda dei Due.
Le storie romanzate di Sergio Efosi per Valtolla’s blog©
Lo stradone di Genova è il proseguimento nel Ducato di Parma e Piacenza della strada di Cento Croci, tracciata nel 1747 da Matteo Vinzoni, cartografo della Repubblica di Genova. Prima del 1747 il percorso preferito era via Bobbio, ma con la cessione di Bobbio al Regno di Sardegna, benché sconfitto sul campo, alla fine della guerra di Successione Austriaca, famosa per la rivolta del Balilla, contro gli Austro-Piemontesi, poi sbolognata per antiaustriaca dal Mameli nel 1846.
Lo stradone, da Bardi si portava al Passo Cento Croci, da dove entrava nella Serenissima Repubblica raggiungendo Rezzoaglio e la Val d’Aveto.
Saluti, Bafurno