Valtolla/Val d’Arda: la mosca o la vespa cinese con le sue alette vola sui nostri Castagni….

diffusione vespa cinese in Emilia (sito web regione): nella provincia la valtolla è totalmente coinvolta; clic per ingrandire.

La prima volta è stata segnalata, pare, in Piemonte in provincia di Cuneo nel 2002 presso alcuni vivaisti che importavano materiale che ne era infetto. Segnalata ai servizi competenti non si riuscì ad evitare la diffusione del materiale riproduttivo [da vivaio] che venne venduto in diverse regioni ai produttori castanicoli provocando, in tal modo, una diffusione purtroppo molto capillare.

Da allora gran parte delle attività di lotta avvenne quasi in sordina e ora eccoci qui, a distanza di anni, a verificarne i danni.

Anche in valtolla dove vi sono grandi estensioni di castagno a Vezzolacca, Castelletto, Settesorelle, Monastero,  Parco Provinciale del monte Moria è presente l’infestazione.

Sappiamo che la Regione e i consorzi fitosanitari l’avevano segnalata nel 2005/2006 e che da allora  hanno attivato diversi programmi locali per una lotta biologica antiparassitaria ma ora, a nostro parere, servirebbe anche maggiore  e capillare informazione nelle zone dove la coltura del Castagno è più diffusa; potrebbero servire riunioni con i tecnici citati; potrebbe servirebbe una riunione in valtolla.

In attesa che le “istituzioni” si muovano [magari si stanno già organizzando e tra pochi giorni………] noi diffondiamo un po’ d’informazioni sulla terribile vespa tratte da siti web di tecnica agronomica.

  1. Il suo nome scientifico è Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu ed è sicuramente  l’insetto più pericoloso per il Castagno che si ricordi negli ultimi decenni;
  2. si tratta di  una vespa [volgarmente mosca cinese], un “imenottero”, che però non ci punge [almeno questo!];
  3. provoca la  perdita rilevante o totale  del raccolto e una grande sofferenza delle piante che, in casi estremi, possono anche morire;
  4. dal punto di vista idrogeologico la morte di numerose piante di Castagno, qui da noi, potrebbe provocare seri danni idrogeologici e innescare fenomeni franosi molto rilevanti; anche per questo motivo la questione non va sottovalutata dai nostri Comuni e dalle pubbliche autorità; un bosco debole non aiuta la tenuta idrogeologica; un bosco morto è brutto, erodibile dalle piogge  e non più attrattivo per il turismo;
  5. l’unica lotta efficace è quella biologica; non vi sono reali possibilità con la “chimica”….il danno potrebbe essere maggiore del beneficio anche in termini ambientali e per la salute nostra e dell’intera fauna locale.

La questione è seria,  è “sfuggita” di mano diversi anni fa in Piemonte  e ora si propaga ovunque. Attendiamo con pazienza che ci giungano indicazioni “superiori”.

[grazie agli amici che ci hanno suggerito le notizie che pubblichiamo: Marco, Fausto, Fabrizio, Lorenzo, Daniele e Andrea].

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