Castell’Arquato erede di Veleia?

Castell'Arquato
Castell’Arquato

DALLA LENTA AGONIA DI VELEIA A CASTELL’ARQUATO (¹)

La storia di Castell’Arquato, secondo le fonti scritte, inizierebbe nel secolo VIII.  Tuttavia si ritiene, e a noi piace crederlo, che la sua origine sia ben più remota.

Quando Veleia, oppidum ligure, poi municipium romano, scomparve nel IV secolo Castell’Arquato era già sviluppata e aveva assorbito molta parte delle attività di Veleia.

Uno dei massimi esperti del sito archeologico, il prof. Criniti, afferma che la vasta frana degradante da sud verso nord, su cui il centro di Veleia era collocato, aveva costretto e permesso ai Romani di operare i terrazzamenti necessari per le infrastrutture fondamentali; la successiva mancata manutenzione, e lo scarso controllo di tale “movimento”, fu in seguito la causa primaria della decadenza e della sua definitiva eclissi, fino alla sua riscoperta del 1747.

Altre cause, come una terribile epidemia di vaiolo dell’età antonina e probabili, successive, scorribande di mercenari, sbandati e invasori “barbari” dovettero fare il resto.

Nel frattempo tutte le attività importanti erano state trasferite a Piacenza e forse a Parma e a Fidenza, all’epoca fiorenti municipi romani. Parecchi degli abitanti più legati alle attività locali restarono in zona spostandosi verso la pianura, verso la Via Aemilia, la più importante via di comunicazione che i romani avevano realizzato nella pianura del Po. Uno degli approdi “naturali” di tale “migrazione” fu proprio la vicina Castell’Arquato, che già viveva una sua stagione di successi.

Dalla prima campagna di scavi per ritrovare i resti dell’antico municipium di Veleia, emerse una città in forte declino, e forse anche poco abitata, dove tutto sembrava si fosse già fermato da tempo, una citta abbandonata ben prima della “catastrofe naturale” che la travolse.  Quasi come se, gli antichi abitanti, si fossero rassegnati al destino inesorabile che condannava la loro città rappresentato dalla lenta discesa delle gigantesche frane che si staccavano dai sovrastanti monti Moria e Rovinasso.

 

CASTEL TORQUATO DIVENTA CASTELL’ARQUATO

Parecchie delle attività commerciali e civili dell’antico municipium veleiate, progressivamente, erano state trasferite a Castell’Arquato, pare proprio già dal II secolo.

A tale periodo, di conseguenza, a noi piace crederlo, si può far risalire la fondazione di Castell’Arquato. Il luogo scelto era l’altura tufacea, tra l’Arda e il Riorzo, nella parte finale, verso nord, dei calanchivi monti Giogo e Padova, dove ancor oggi sorgono i  più bei “monumenti naturali” del piacentino.

Era un “patrizio” romano, tal Caio Torquato, che edificò, non sappiamo con esattezza quando, un fortino e una torre difensiva, con una serie di edifici civili e probabilmente religiosi nello stesso sito. Il luogo fu ribattezzato Castel Torquato e in seguito divenne Castell’Arquato.

mutatio (dal web)
mutatio (dal web); come poteva presentarsi quella di Fontana Fredda

Si ipotizza che, in una certa epoca,  uno dei migliori collegamenti che conducevano all’ancora importante municipium di Veleia, dalla Via Aemilia, dovesse partire dalla intersezione della Via citata con la mutatio(²) di Fonteclos (stazione fortificata per il cambio dei cavalli di Fontana Fredda), che toccasse Castell’Arquato, dove già esisteva un ponte romano, le cui tracce sono state rinvenute nel secolo XIX(³),  e Lugagnano, ai confini tra i pagi(³ª)Floreius e Velleius. Poi i tracciati (poco più che tratturi, da percorrere a piedi o con animali da soma, utilizzati per i commerci e le attività civili e militari) s’inoltravano verso l’Appennino, soprattutto verso i luoghi dei Luni e dei Lucchesi, passando per Bardi, Borgo Val di Taro e per il passo del Brattello.

Con la decadenza di Veleia, la più importante intersezione con la Via Emilia, per raggiungere agevolmente i Luni, i Lucchesi e Roma,  attraverso Castell’Arquato, erede a pieno titolo di Veleia, e fiorente centro economico e militare, venne individuata nella mansio di Florentia (Fiorenzuola d’Arda). Inevitabile che, a quel punto, si tracciasse una nuova direttrice, agevole, per raggiungere l’Appennino: la Strada Castellana, che permettesse a commercianti, militari, pellegrini e viandanti di raggiungere Castell’Arquato, in poco tempo e in massima sicurezza.

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come poteva presentarsi una mutatio sulla Via Emilia (luogo di riposo e riparo notturno, dove si cambiavano e/o si facevano riposare i cavalli). Mansio (Fiorenzuola d’Arda ai tempi) era un’evoluzione più strutturata con magazzini di deposito, qualche soldato di guardia, alloggi per ufficiali e ricchi mercanti di passaggio.(immagine del web)

Caduto l’impero Romano, terminate le sanguinose guerre tra Bizantini e Goti, e tra Bizantini e Longobardi, Castell’Arquato non cessò di essere ritenuto uno dei centri  economici, militari e religiosi più importanti della provincia, sede di una delle maggiori Pievi Cristiane, dalla quale arrivarono a dipendere oltre 30 Chiese e Cappelle sparse in un territorio vastissimo. Proprio in epoca longobarda si sviluppò anche la Via che, da Fiorenzuola d’Arda, permetteva di raggiungere agevolmente Pontremoli, l’Italia centrale e Roma senza utilizzare il passo della Cisa (monte Bardone).

Sarebbe divenuta la variante più importante della Via Francigena, una scorciatoia sicura, per raggiungere Pontremoli e il centro dell’Italia e ricollegarsi con il percorso classico, poi  detto di Sigerico.

Tale variante-scorciatoia venne, in seguito, denominata Via dei Monasteri Regi, attraversava Castell’Arquato e risaliva la vallata dell’Arda fino al passo del Pelizzone, transitando per i possedimenti della potente abbazia di Tolla, sorta nel 680 circa d.C.

Della cittadina valdardese, di Castell’Arquato, le cronache della città di Piacenza, ne parlano fin dal 500 d.C. e, da documentazione certa, sappiamo che nel 772 un certo Magno donò il luogo al Vescovo di Piacenza che ne restò in possesso fino al 10 agosto 1220,  quando lo stesso Vescovo Vicedomino  lo cedette alla comunità locale.

Castell’Arquato restò comune libero fino a quando il capitano del popolo Alberto Scoto lo conquistò.

Poi dal 1317 passò ai Visconti, edificatori della Rocca,  ai quali subentrarono gli Sforza fino al 1707. Da quell’anno fece parte del Ducato di Parma e Piacenza restandovi fino all’indipendenza dell’Italia.

NOTE

¹)Il post si rifà a una relazione esposta in una seduta della deputazione di storia patria svoltasi a Veleia. Si tratta di ipotesi non provate ma utili per discutere circa le antiche origini di Castell’Arquato.

²)mutatio: Molto simile alla mangio(più importante, con magazzini per deposito merci, alloggi per gli ufficiali dell’esercito romano e spesso custodita da qualche soldato) era la mutatio, la cui funzione, in età imperiale, consisteva esclusivamente nel fornire animali di ricambio ai messi o ai veicoli (i corrieri) che viaggiavano per interessi di stato o autorizzati da esso. Il diritto di disporre di animali pubblici e fornirsi di rifornimenti era ottenuto mediante l’esibizione di un atto scritto. Una specie di passaporto dove venivano annotate destinazione e motivazione del viaggio. La stazione poteva essere gestita da un gruppo di coloni o da ex legionari.

³) una tesi sostiene che il toponimo Castell’Arquato sia da attribuire al fatto che, oltre alla presenza di un castello, vi fosse anche un ponte romano ad archi (in latino arcus) che permetteva di attraversare l’Arda. Dalla sua forma “arcuata” deriverebbe pertanto “arquato” (come del resto è provato per l’altra cittadina “ligures”di Arquata Scrivia in Piemonte). Poi ci sarebbe anche da considerare che nel nostro dialetto attuale il toponimo lo leggiamo  “castelarquâ (è)” dove Arquâ è derivante dall’antica lingua ligure.

³ª)pagi: circoscrizioni territoriali rurali.

(Revisione del post apparso nel 2013 in Valdarda’s blog, ora unificato in Valtolla’s blog-Cronache della valdarda)

gallia cisalpina
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