Cinghiali, caprioli, lupi ed altri animali…..

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stefano bruzzi, scene di vita contadina di fine ‘800

di  Marco del lest , marzo 2017

Anche nel corso dell’ultimo autunno si è ripetuta l’aratura dei pascoli… causata dai cinghiali che grufolando dissotterrano i bulbi del crocus, delle orchidee e di altre piante evidentemente molto apprezzate da questi suidi. L’azione sistematica e ripetitiva dei cinghiali contribuisce velocemente al degrado dei pascoli e delle praterie d’alta quota. Queste praterie sono il frutto delle profonde trasformazioni antropiche fatte dalle generazioni che ci hanno preceduto, ed i pascoli di crinale sono la testimonianza di una economia silvo-pastorale che ha consentito ai nostri antenati di insediarsi e permanere nelle terre alte svolgendo, nei secoli, un importante presidio di prevenzione e limitazione del dissesto idrogeologico che ha contribuito allo sviluppo della florida economia agricola e successivamente industriale, nelle aree di pianura sottostanti.

I nostri pascoli hanno origini antiche, si presume che i primi siano stati creati a partire dal 1300. In origine e fino agli inizi del 1900, i pascoli venivano caricati prevalentemente con ovini, con una ridotta presenza di bovini. Nella economia rurale i bovini rappresentavano prevalentemente un forza lavoro (buoi o manzi) e per la produzione lattiero-casearia ne bastavano pochi capi per comunità. L’allevamento della pecora era più semplice, si ottenevano ugualmente prodotti lattiero caseari, carne e soprattutto lana, che era l’unico filato facilmente disponibile in montagna.

Ora i nostri pascoli, ma anche i boschi ed i coltivi, sono stabilmente popolati da cinghiali, caprioli, daini e qualche cervo ed anche il lupo è tornato ad essere una presenza stabile su queste terre…

Una analisi superficiale delle attuali condizioni ambientali, potrebbe indurci a considerare migliorato l’ambiente attuale, ma c’è ancora l’uomo, con i suoi insediamenti, la sua economia e le sue esigenze… ed un fragile territorio da difendere, dove non possiamo permetterci il dissesto idrogeologico.

La presenza di un elevato numero di cinghiali nelle terre alte, come accennato sopra, sta seriamente compromettendo i pascoli che in conseguenza della “aratura”, subiscono fenomeni di erosione e di dissesto, inoltre le specie erbacee pascolive vengono sostituite da essenze arbustive che insediandosi nelle aperture del cotico erboso invadono il pascolo trasformandolo rapidamente in arbusteto, facilmente attaccabile dagli incendi.

Oppure si verifica l’espansione eccessiva delle felci, che rappresentano una seria minaccia alla bio diversità del territorio ed un possibile rischio per la salute umana (studi scientifici hanno dimostrato il potenziale cancerogeno di questa pianta), nonché una eccezionale esca per l’innesco di incendi.

La sostituzione dei pascoli di crinale con aree cespugliate ha come conseguenza un impatto negativo anche sulla economia turistica del territorio appenninico, poiché è noto che i territori montani ben curati, con ampie radure e vaste aree panoramiche hanno una valenza turistica maggiore rispetto ad aree coperte da roveti ed arbusteti o totalmente boscate.

Anche il patrimonio forestale subisce notevoli danni in seguito alla introduzione di animali senza la dovuta ponderazione; I germogli dei giovani polloni di faggio, quercia e carpino sono molto graditi da caprioli, daini e cervi, il cui pascolo stà seriamente compromettendo la rinnovazione delle piante dopo il taglio colturale del bosco.

Osservando un bosco di faggio o quercia, tagliato recentemente, notiamo ceppaie con pochi polloni stentati, deformati del morso degli animali o totalmente assenti e dove la rinnovazione è rappresentata unicamente dal Frassino e dalla Robinia. Se non vi saranno interventi di contenimento di selvatici, in poco tempo i nostri boschi di essenze quercine, faggio e carpino si trasformeranno in cedui di frassino e robinia con la conseguente perdita di bio diversità, resistenza ecologica e valore economico degli stessi.

Ma il popolamento con i predetti selvatici ha avuto come prima conseguenza l’espansione ed il consolidamento del lupo, e questo dovrebbe assicurare la selezione naturale delle specie predette. ma non è tutto così semplice… Il lupo predilige alimentarsi di cinghiali, come ha dimostrato l’esame delle fatte di lupo repertate sul territorio provinciale, e si “occupa” molto meno dei caprioli. Inoltre non disdegna variare la propria dieta con animali d’allevamento, come manzi, capre, pecore, e puledri. Queste predazioni di animali d’allevamento, anche se ora è abbastanza contenute, contribuiscono a mettere ancora più in crisi la già misera zootecnia della montagna appenninica.

Senza zootecnia di montagna niente agricoltura sostenibile, quindi nessuna cura del territorio, e di conseguenza calo della attrattiva turistica con la perdita di quest’ultima possibilità di sviluppo rurale.

Le bistecche che camminano…

Inoltre non occorre essere etologi per sapere che il lupo è un carnivoro ed e l’unico “grande predatore” presente sul nostro territorio… e gli uomini sono bistecche che camminano….

Fino ad ora non abbiamo ancora avuto attacchi all’uomo, ma si stanno monitorando comportamenti abbastanza inquietanti dovuti all’avvicinamento alle persone ed alle infrastrutture da parte di lupi c.d. “confidenti” che non mostrano timore nei confronti dell’uomo.

Proviamo solo ad immaginare quale allarmismo potrebbe generare l’aggressione da lupo ad un escursionista… ne abbiamo già avuto l’anticipo con le recenti aggressioni di orsi in trentino, con conseguenti disdette di prenotazioni alberghiere e associazioni di commercianti infuriate con le politiche di introduzione dell’ l’orso

Sarebbe la fine di qualsiasi discorso relativo al rilancio turistico basato sulla bellezza del territorio, sulle valli incontaminate, sulla purezza dell’aria e dell’acqua, sulla sentieristica ben tenuta e segnalata, sulle abbondati raccolte di funghi, sugli itinerari storici, sui percorsi per mountain bike, ecc ecc

Forse è il caso di iniziare una riflessione sulle conseguenze della totale assenza di una seria gestione del territorio, sulle campagne di tutela degli animali basate sull’egoismo emotivo ed urbano-centrico che si straccia le vesti in difesa di “bambi”, dei cuccioli di lupo, di volpe senza conoscere le reali dinamiche dell’ecosistema appenninico derivante da una antropizzazione storica vecchia di secoli.

NOTA DELLA REDAZIONE DEL BLOG …

L’argomento, come spiega anche Marco, è fortemente controverso e la sua posizione molto chiara; e dunque è difficile trarne conclusioni accettabili per tutti.

Provo a introdurre un diversivo sulla questione cinghiali (in parte vale anche per i caprioli…in parte): la caccia a questo prolifico animale genera tanto business (oltre che divertimento) per cacciatori che sono spesso anche agricoltori o comunque abitatori abituali di montagna e collina. I selvatici sono “accuditi”, zona per zona, per evitare che lascino il territorio controllato dalla tal squadra piuttosto che quello di un altra. Le squadre di “cinghialisti” pagano fior fiore di tasse e licenze, e alimentano un mercato dei fucili da caccia ecc…per cui senza cinghiali, e in gran numero, che divertimento sarebbe?

E poi non penserete che tutta la carne dei cinghiali abbattuti la consumino gli stessi cacciatori; carne apprezzata, carne molto apprezzata …

In poche parole: a chi frega veramente di salvaguardare l’agricoltura di montagna e collina? Alle associazioni profesionali agricole? Ma se son piene di agricoltori-cacciatori!  In montagna gli agricoltori sono ridottissimi, spesso anziani  e metà di questi son pure cacciatori, per puro divertimento…

Marco fa un esame dell’agricoltura montana e silvestre molto condivisibile, certamente da persona informata, competente e amante della montagna. Esprime un giudizio forte sui “selvatici” e sui danni che causano all’agricoltura e al bosco e mette in guardia dal crescente pericolo di tali animali “vaganti”, in primis cinghiali e caprioli, che attraversano continuamente strade trafficatissime.

Io però faccio fatica a pensare che il vero problema della montagna e del suo degrado  siano lupi, cinghiali e caprioli.

Voi che ne pensate?

6 commenti

  1. Problema di eccessiva presenza di cinghiali – vera (colpa di passati ripopolamenti da parte dei cacciatori).

    Associare il lupo (carnivoro!) a pericolo per l’uomo è una delle più grosse stupidità scientificamente provate.

    Concordo che alla fine i problemi siano di altra natura…

  2. Io penso che Marco abbia ragione e che pochi abbiano il coraggio di ammetterlo. Così non può funzionare. Troppi cinghiali e troppi danni alle scarne agricoltura montane. Troppi cerbiatti che girano nei campi anche della pianura con conseguenti danni ai frutteti, etc. Senza dimenticare i danni agli automezzi e a alle persone che vanno per strada, vittime degli attraversamenti repentini di queste simpatiche ma dannose bestiole. Dei lupi preferisco non parlarne perché ne ho già parlato in passato e i fatti mi stanno dando ragione.
    La soluzione? Oggi non è facile trovare una soluzione che accontenti tutti, cacciatori compresi. Ma non può essere una soluzione giusta l’abbattimento selettivo delle cerbiatte gravide. (Cosa dicono gli ambientalisti e gli animalisti?). Per quanto riguarda i cinghiali non va bene lamentarsi che sono troppi e poi (i cacciatori) dargli da mangiare in inverno. Per i lupi lo sappiamo tutti che i cacciatori li uccidono anche se è assolutamente proibito (io dico per fortuna, altrimenti vi immaginate quanti branchi girerebbero per i nostri monti?
    Io direi, per aiutare a trovare una soluzione, che i cinghiali, i caprioli, cerbiatti e lupi siano chiusi in grandi riserve gestite dai cacciatori, usando boschi e terreni incolti della media e alta montagna, (pagando il giusto prezzo ai legittimi proprietari), terreni demaniali e quant’altro. Sono convinto che i cacciatori saprebbero gestire bene questa situazioni evitando in questo modo che vadano completamente fuori controllo.

  3. Forse non mi sono espresso bene… non intendo dire che i selvatici sono la causa dei problemi della montagna. (nell’articolo completo ribadivo che la loro presenza fa parte delle dinamiche degli ecosistemi in cui l’uomo è solo una recentissima e fugace apparizione…) E’ la loro mancata gestione che crea problemi e se non viene contenuto il loro numero e la loro distribuzione avremo inevitabilmente problemi anche per la loro sopravvivenza. Per quanto concerne la pericolosità del lupo…sono felice di avere una stupidità scientificamente provata con cui convivo senza problemi.. e spero proprio che il tempo confermi quanto avevo torto nelle mie ipotesi, personalmente non torcerei neppure un pelo ad un lupo come non uccido altri animali (zanzare escluse). Quello che ritengo estremamente stupido è il solito estremismo italico che di fatto lascia i problemi insoluti…. non per niente nel titolo citavo anche “altri animali”
    Ciao

  4. Marco, la ” stupidità ” non era assolutamente riferita alla persona, non è mia abitudine insultare. Credo invece che certe teorie siano state ampiamente dimostrate come sbagliate e non da cittadini ambientalisti ma da ricercatori da decenni sul campo.

  5. La degradazione dei prati d’altitudine e anche dovuta ai mezzi motorizzati che strapano la superficie e danno campo libero all’erosione, e questo ben prima che ci fossero tanti animali, scendere dalla strada à piedi e troppo faticoso per i alcuni giovanni …
    Esempio : monte “Carameto dalla fontana

    Per l’articolo condivido le conclusioni sui danni a lungo termine e sull’impatto turistico, aggiungo la decizione di avere accetatto di bruciare materiali tossici nei forni della cementeria mette in pericolo tutta la valle per i secoli futur, che m**** lascieremo alle generazioni future ?

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