di Giovanni Arealdo*
I giovani fannulloni?– Il solito ritornello che si sente da sempre: quando non c’è lavoro è colpa dei giovani che non hanno voglia di lavorare o fanno gli schizzinosi (o come dice qualche ministro sono “choosy”, ” bamboccioni”).
Secondo il rapporto di Banca d’Italia emerge l’esatto contrario.
In piena recessione, tra il 2009 e il 2011, oltre il 25% dei laurearti ha accettato lavori inferiori alle qualifiche e al titolo di studio e lo stesso è capitato al 15% dei diplomati.
E allora? Il dato vero è che c’è un aggravarsi della crisi e il lavoro, per il 40% dei giovani, non c’è ne per il loro titolo di studio ne per altra occupazione. Il resto sono balle e invenzioni dei soliti mestatori di m….. anti giovanili per partito preso.
I giovani sono “costretti” a restare aggrappati alla “finanza” della famiglia per non fare i “barboni” e a stento, quando lavorano, percepiscono uno stipendio medio. Più spesso subiscono il rischio del lavoro precario ( e per fortuna che la flessibilizzazione dei contratti doveva creare un boom di posti di lavoro…) e poco pagato.
I giovani (e le loro famiglie) sono stanchi di sentire le solite favolette o le solite ingiurie contro di loro. Perchè “bamboccioni”, “choosy”, “fannulloni” sono i politici …per non dire peggio.
Prima che sia tardi…-In montagna non ci sono quasi più giovani, in pianura e nelle città sono per oltre il 40% disoccupati oppure molto precari.
Difficile andare avanti così, non ci si meravigli se cresce la rabbia.
La storia insegna che le rivoluzioni della borghesia e del ceto medio (famiglie di impiegati, di operai specializzati, di piccoli commercianti e artigiani e….loro figli) sono ben più cruente che non quelle di altri raggruppamenti politici appartenenti alle solite categorie politiche bianche, rosse, nere o verdi.
Non erano “proletari”, non erano fascisti, i protagonisti della rivoluzione francese, quella dove si ghigliottinarono centinaia di corrotti, approfittatori, sfruttatori delle ricchezze nazionali.
Erano i borghesi istruiti, acculturati, i ceti imprenditoriali del piccolo commercio, della piccola attività che chiedevano una distribuzione equa della ricchezza, giustizia sociale e uno stato che li rappresentasse senza sfruttarli con gabelle ignobili (nel caos fecero anche tanti errori ma la rivoluzione francese resta lo spartiacque tra antico-oppressione e moderno-equo).
La violenza, in ultima analisi, è sempre da condannare ma l’esasperazione sta raggiungendo livelli altissimi. E’ ora di intervenire per evitare altri disastri sociali.
I partiti in Italia e in altri Paesi lo capiranno prima che sia troppo tardi?
*collaboratore e curatore dei progetti “internet per tutti” e “nuove generazioni e futuro sociale?”