Terremoto: …e io zitto non ci sto!

Magnitude 6.2 Earthquake In Central Italy Kill At Least 37
PESCARA DEL TRONTO, ITALY – AUGUST 24: (Photo by Giuseppe Bellini/Getty Images) ripresa dal Web

Editoriale di S.Valtolla©.

Come dice un noto giornalista, in 700 anni la nostra spina dorsale (L’Appennino) di tragedie sismiche gravi ne ha vissute 148.

Ma la guerra sembra destinata, purtroppo, a continuare perché le statistiche nazionali parlano di 28.000 (sic!) edifici pubblici insicuri tra scuole, ospedali, case di riposo, ecc…

Senza contare il dissesto idrogeologico diffuso (prov di Piacenza compresa) e dilagante ad ogni forte temporale. E così che tra terremoti, frane, alluvioni, incendi l’Italia è ormai al collasso e tutto diventa sempre più precario, sempre più instabile…

Eppure sappiamo tutti, parlando di terremoti e alluvioni , che questi fenomeni, imprevedibili nella loro temporalità, durezza e intensità (in particolare i terremoti), si possono combattere solo con la prevenzione, con tanta seria e ben fatta prevenzione.
E allora chiediamoci se mai c’è stata  azione preventiva da parte delle forze governative dopo i terremoti tragici e le tremende alluvioni degli ultimi 30 anni.

Ma quando mai!!!

E sempre, quotidianamente, si trovano soldi pubblici per far cavolate, per far opere inutili…ma per far seria prevenzione mai.

Chiedetevi se esiste una dettagliata mappa del territorio con un piano di messa in sicurezza (un piano serio e non “farlocco” come i tanti che abbiamo visto attivare con gran dispendio di soldi nostri buttati al vento…) per vecchi e nuovi edifici, vecchie e nuove infrastrutture a cominciare da scuole, ospedali, palestre, ponti, strade montane, ecc…

Chiedetevi quante  tragedie (evitabili) dovremo ancora sopportare, quanti morti dovremo ancora piangere per colpa di questa classe politica incapace e spesso “traditrice”.

Ma in Italia si piange al momento e poi si dimentica, si tace, si sta zitti…e i politici lo sanno.

E non si tace solo sul piano antisismico che dovrebbe essere pronto e operativo da almeno una generazione.

Si tace sui vigili del fuoco  quando denunciano di non avere mezzi, attrezzature, uomini per far al meglio il loro servizio (questi che sono sempre in prima linea, che con i mezzi che hanno a disposizione sono dei veri eroi!). Si tace sul l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione delle forze di polizia. Si tace sulle misure di contrasto al dissesto idrogeologico, anche se, ma non è strano, a ogni pioggia, casca giù un pezzo di collina e montagna. E le indagini per stabilirne le cause (nel 90% dei casi speculative), quando si fanno, non finiscono mai…

E si tace sul fatto che per ora la missione per salvare quella povera gente terremotata a Amatrice, Arquata del Tronto, Accumoli e dintorni, per ridargli una casa, ricostruire i servizi e le infrastrutture in tempi rapidi (e bene!)  vale meno della metà di quando si è speso per Expo.

E perché, allora, oltre che piangere non dovrei anche gridare! Gridare perché si eviti che finisca come all’Aquila, dove la gente si è dovuta ribellare per far ripartire la ricostruzione…e non è ancora finita dopo tanti anni.

Gridare perché si finisca di sprecare i nostri soldi per realizzare opere inutili in un Paese che ha bisogno di opere di prevenzione da terremoti e dissesto idrogeologico, di rapide ricostruzioni delle opere e delle abitazioni danneggiate o distrutte, di scuole sicure e ospedali che non crollano alla prima scossa…

Gridare perché anche nel nostro territorio si mettano in sicurezza le scuole, i ponti, si ristrutturino le ferite delle frane decennali, delle alluvioni degli ultimi 20 anni; gridare perché si faccia opera di prevenzione idrogeologica, perché si faccia bene, spendendo bene e non in maniera che al primo serio acquazzone tutto si complichi nuovamente.

Li vedo i soliti proclami dei benpensanti, degli amici dei potenti di turno che raccomandano sobrietà e compostezza in questa fase di lutto, che consigliano di star zitti e lasciar fare…

Mi pare che siamo stati troppo zitti, dopo il Friuli, dopo l’Irpinia, dopo l’Aquila, dopo l’Emilia aspettando che ci consegnassero un serio piano per ristrutturare questo Paese. Un piano che è stato ancora una volta annunciato….sempre e solo annunciato come in troppe occasioni in cui la ferita era dolente, profonda. Un piano che non esiste e che tutti vorremmo operativo da subito.

Perché non dovrei gridare!!!

ps: ma non dimentico la solidarietà per questa povera gente, ognuno di noi faccia la propria parte (anche una piccola donazione può far tanto…).

7 commenti

  1. Uno spunto di riflessione: perché ad ogni vendita di immobile è oggi ormai necessario allegare la “certificazione energetica” (tralasciando per un momento come molto spesso viene redatta) ma non si prevede una “certificazione sismica” dello stabile?

    • La certificazione sismica, all’italiana (cioè copiando il Giappone che è molto diverso dall’Italia) farebbe tutte le case “inagibili”. nel 1570 a Ferrara fu inventata la prima casa antisismica da Pirro Ligorio, ma restò un fatto “locale”. Gli Italiani sono esterofili, esaltano le glorie indigene solo dopo la morte, se conviene.l

    • come non dar ragione ai commenti.Come non capire che è ora di pretendere anche il “certificato sismico” (quanto meno per le abitazioni realizzate dal 1960 in poi…). Poi uno fa quello che vuole ma intanto si rende conto dove è meglio investire i propri risparmi. Ma lo stato dovrebbe “fiscalmente” tenerne conto con un congruo (congruo!) risparmio per il proprietario della casa.

    • La risposta è ovvia. Non si può emettere la certificazione sismica perché non esiste una cultura sismica in Italia, malgrado la mappa delle faglie e delle zone vulcaniche, gli studi dei sismologi e affini. Ho vissuto i terremoti Irpini del 1962 e1980, e ho visto danneggiati sempre gli stessi edifici, “ricostruiti”. La faglia è attiva circa 4 volte in un secolo, con intensità diverse, maggiori del 4° Richter, con danni e morti. Forse manca la cultura antisismica.

  2. La zona del sisma insiste su una faglia creata dal sollevamento dal mare tra il massiccio del Gran Sasso e il materiale delle frane sottomarine a nord. Il sisma è una costante periodica ma i danni sono causati dallo scellerato uso del territorio negli ultimi due secoli. La cosa peggiore è l’uso politico delle autorità (vedi discorso del Vescovo) durante le celebrazioni funebri. Poi ….. aspettiamo il prossimo sisma (tra circa 20 anni) per ripetere le celebrazioni.

  3. Ciao Sergio
    Ho letto con interesse il tuo articolo e mi sono deciso a fare qualche riflessione in proposito, arrivando alla conclusione che fatte salve tutte le colpe della classe amministratrice del nostro territorio (e quindi anche nostre che l’abbiamo espressa e sostenuta…) forse è anche la nostra mentalità “conservatrice ad oltranza” che dobbiamo avere il coraggio di mettere in discussione… .
    Provo a fare mente locale se fosse accaduto da noi un terremoto simile, non credo che avremmo avuto molte vittime negli edifici pubblici; Le nostre scuole le abbiamo già chiuse da anni, cinema e teatri nei nostri paesi non ne abbiamo, in quanto ad ospedali meglio tacere… alberghi poco o nulla, forse case protette, bar e circoli… Per quanto riguarda l’edilizia privata non credo che siamo messi molto meglio del Reatino.
    Sul nostro Appennino abbiamo quattro tipologie edilizie principali:
    1) case in sasso con muratura a secco, solai e tetti in legno e copertura in ciappe o coppi
    2) case in laterizi e cemento di scarsa qualità, solai e tetti in cemento copertura in tegole o coppi, edificate negli anni 1950/60 con contributi pubblici (c.d. piani verdi ecc)
    3)case con struttura in laterizi e cemento, con solai e tetti in cemento armato edificate tra il 1980 ed i giorni nostri.
    4) pochissime case in legno od in materiali innovativi leggeri tipo gas beton o fibroblocchi (legno cemento).
    La tipologia costruttiva di tipo 1 è quella tradizionale, ampiamente diffusasi sulle nostre montagne prevalentemente dopo il 1600 e soprattutto dalla metà del 1700. Prima la gran parte delle costruzioni era in legno e paglia, escludendo le strutture militari od i castelli residenziali.
    Escludendo la gran parte di case abbandonate, quelle ristrutturate hanno subito vari interventi, ma generalmente la struttura portante è stata mantenuta integra e gli interventi hanno riguardato il rifacimento dei solai e dei tetti, l’aggiunta dei servizi igienici e l’intonaco o la stuccatura a vista delle pareti portanti.
    Purtroppo in molti casi il tetto è stato sostituito da una struttura in cemento armato (c.d. solettone) che non solo non ha nessuna garanzia di antisismicità, ma in caso di movimento ondulatorio ne aumenta l’energia cinetica, contribuendo significativamente al collasso della struttura, per non parlare della dispersione termica.
    La tipologia 2 è stata edificata in un periodo ben preciso, sono le case facilmente identificabili per avere i tetto a 2 falde su piani diversi. Queste case sono state fatte con la massima economia, con una progettazione che non teneva minimamente conto dei criteri antisismici ed ancora meno di quelli energetici.
    La costruzione in economia era dovuta sia alle ristrettezze dei tempi ma anche al fatto che essendo costruite con contributo pubblico, (legge sulla montagna – piani verdi 1 e 2 ) i proprietari in molti casi lesinavano sui costi dirottando i risparmi ottenuti per l’acquisto dell’appartamento in città, dove avrebbero trovato alloggio i figli. Paradossalmente queste leggi dagli ottimi intenti hanno gettato le basi dell’abbandono della montagna…)
    Spesso queste case sono poi state oggetto di restauri negli anni 80 e la resistenza antisismica è anche inferiore alle case di cui al punto 1.
    Le poche case di cui al punto 3, se non abitate costantemente, cominciano ora a subire un decadimento dovuto al loro parziale abbandono in quanto sempre meno utilizzate anche per il breve periodo estivo.
    Per quanto riguarda tipologie abitative di tipo 4 siamo agli albori di una nuova mentalità edilizia ed e proprio su questa che vorrei soffermarmi.
    Generalmente noi (inteso gli abitatori delle case appenniniche) abbiamo più o meno tutti la “malattia del sasso…” in quanto per motivi affettivi e culturali riteniamo che la ristrutturazione delle Nostre vecchie case sia quanto di meglio possiamo fare per onorare la memoria di chi ci ha preceduto e valorizzare la nostra terra.
    Come non condividere questa convinzione.. ma quante volte ci siamo imbattuti in ristrutturazioni inutili di case di tipologia 2 e 3 la cui demolizione e ricostruzione era senza dubbio più economica sotto ogni punto di vista. E per quanto riguarda la ristrutturazione delle case di cui al punto 1 quante volte ci siamo “fidati” di geometri e capo mastri che ci hanno prospettato il solettone sul tetto (come ad esempio la mia casa…) come il massimo della sicurezza.
    Forse è proprio la nostra cultura edilizia che deve cambiare, e contestualmente deve cambiare la cultura edilizia dei tecnici che redigono i piani regolatori, dei tecnici comunali, dei progettisti pubblici e privati. Dobbiamo avere il coraggio di scegliere un futuro diverso per i nostri figli che non devono avere la spada di Damocle sulla testa di una casa bella perché mantenuta uguale a quella del bisnonno, ma preghiamo perchè non venga una scossa di terremoto od una pioggia troppo forte.
    Lo so che mentre scrivo queste parole ho un nodo in gola pensando alla mia casa in sasso ristrutturata con tanti sacrifici dai miei genitori, ma se penso alle vittime del terremoto la scala dei valori assume logicamente altre dimensioni.
    Forse dobbiamo avere il coraggio di scelte radicali, che magari saranno l’occasione di nuovi volani economici.
    Penso ad esempio come sarebbe diverso il valore di nostri boschi se invece che legna da ardere ne ritraessimo legname da opera e quale indotto economico ne ricaveremmo e quanto “peso politico/occupazionale/economico” sottrarremmo al cemento… ed alle cementerie ed al partito dei cemento-rifiutisti…
    Attenzione non mi si fraintenda, l’incremento di valore economico del bosco non vuole dire deforestazione selvaggia, ma corretta ed oculata gestione forestale, concetto credo ormai assimilato e su cui ritengo ormai inutile soffermarmi ulteriormente.
    La scelta di demolire e ricostruire con altri criteri e materiali va affrontata non solo per le criticità sismiche, ma anche per quelle idrogeologiche che sono molto frequenti nelle nostre valli.
    Penso ad esempio al caso di Farini, dove in seguito alla alluvione dello scorso anno, si è intervenuti mettendo un muro a protezione di edifici senza alcun valore storico o architettonico.
    Non era forse una scelta più coraggiosa eliminare quelle case ( alcune delle quali hanno nelle cantine ancora visibili i resti delle difese spondali del Nure, edificate negli anni 1920/30) e costruire lo stesso patrimonio edilizio, con moderni criteri antisismici ed energetici, in un’altra località della zona?
    Quanto abbiamo speso per un orrendo muraglione in cemento armato, di dubbia utilità (per ora circa unmilioneottocentoimila €) e quanto dovremo spendere noi contribuenti per l’inevitabile futura demolizione di una serie di case che non avranno mai un mercato immobiliare e che andranno a decadere quando gli attuali inquilini non ci saranno più?
    Posso capire che i proprietari dei quelle case non hanno i mezzi, la forza ed il coraggio di abbandonare la casa degli affetti e dei ricordi e costruire altrove. Non posso capire invece una classe politica e tecnica che non abbia il coraggio di fare scelte per il futuro dei nostri figli e nipoti e che si ostini a vivacchiare nell’ ordinaria manutenzione (scarsa anche quella…), nel favore alla impresa edile vecchia anch’ essa, nel progetto affidato al tecnico di fiducia fermo alla ristrutturazione della casa dell’emigrante inglese o francese, o limitata alla vecchia e stantia idea che tutto si risolve con un bel muraglione di cemento armato ed un po’ di intonaco…
    Sono perfettamente consapevole che la bellezza ed il valore dei nostri paesi è in gran parte dovuto alle caratteristiche storiche dei nostri edifici anche (o soprattutto) di quelli più poveri, ma quanto patrimonio edilizio inguardabile abbiamo nei nostri paesi che meriterebbe solo l’intervento di una ruspa risolutrice… Quanti portici, casoni, baracche, fienili fatiscenti continuiamo a mantenere per il solo “diritto volumetrico” e per l’immobilismo di sindaci e/o tecnici comunali che non hanno il coraggio di imporre demolizioni e sgomberi di strutture inutilizzate. So bene che una presa di posizione seria fa perdere voti, ma nessuno è stato obbligato dal medico a fare il sindaco….
    Ciao

  4. Anche nel comune di Cadeo, gli edifici scolastici erano a norma, ma con le leggi della loro costruzione. Cambiata la legge, dopo il terremoto in Emilia, nessuno è più al sicuro! Anche la nostra Pianura Padana che sembrava una zona sicura è diventata a rischio sisma. Non bisogna farsi meraviglia però di come erano costruite la maggior parte delle case crollate. Pietra su pietra tenute insieme con cosa? Penso che la stessa cosa sarebbe potuta succedere sulle nostre colline Morfasso, Vernasca, ecc.

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