Bozza non corretta di Sergio Efosi per Valtolla’s blog©
APPENNINO ASPRO E LONTANO…
Il titolo del post potrebbe essere fuorviante perché a esser aspro, lontano, fragile e bello non è solo quello piacentino (di Appennino) bensì l’intera catena montuosa appenninica dal nord al sud del Paese.
Finche, un triste giorno di fine agosto 2016, come purtroppo periodicamente accade, l’Italia scopre che quelle aree interne, lontane e fragili, naturalmente bellissime, dell’alto Lazio, delle Marche, dell’Umbria sono vicine. Più vicine che mai!
E tutte le TV e i giornali accorrono per dar notizia della tragedia del tremendo terremoto. Ma come sempre capita, poco per volta, dalla prima pagina si passa alle pagine interne e poi si dimentica per lunghi periodi.
Ancora una volta, come è capitato con l’Aquila, nel momento più difficile scopriamo la bellezza dei luoghi, piangiamo i morti e auspichiamo una rapida ricostruzione. E i politici promettono che stavolta non ci saranno ritardi e tutto filerà liscio come l’olio…
Quello che è evidente, ancora in questa ultima e triste occasione, come in altre occasioni, alluvioni piacentine del 2015 comprese, è la fragilità del Paese; fragilità che tutti ben conosciamo, ma rispetto alla quale si fa quasi nulla, per non dir nulla.
La maggioranza degli italiani “scopre” i tanti campanili, i bei borghi appenninici mentre nella quotidianità conosciamo solo le grandi aree urbane, comprese quelle turistiche, e i suoi centri commerciali dove da sempre lavoriamo, ci siam recati per le vacanze e per il tempo libero, ecc…
Per la stragrande maggioranza della gente, quelle appenniniche, piacentine comprese, sono e resteranno “periferie rurali”, molto simili, e allo stesso tempo così diverse, dalle “periferie urbane” degradate che ci raccontano i giornali; periferie entrambe da “ristrutturare”, per motivi e con obiettivi molto diversi.
L’APPENNINO È DIVERTIMENTO MA POI PASSA…
Si risale l’Appennino in certe occasioni, quasi sempre estive, per una festa o una manifestazione, per il Bascherdeis, per l’Ecomaratona della Valdarda, per il cinema a Bobbio, per il teatro a Veleia, per la festa della patata, per la festa di Santa Franca (in questo caso ci sta anche la devozione), ecc… ma poi si dimentica, si torna a valle e non si va oltre.
Pochissimi vanno oltre le feste, nel bosco percorrendo un sentiero… Molti concepiscono la montagna solo se c’è divertimento, struttura ludica, festa, altrimenti la rifugge, cambia zona.
In realtà in Italia la struttura ludica montana, quella che intendiamo, quella duratura, la si scopre solo in certi luoghi alpini e poco più. Ma nel nostro Appennino non è così.
Nel corso dell’ultima tragedia rammentata abbiamo visto, a dire il vero, molte immagini della distruzione dei centri storici, del dolore della gente, ma anche poche del resto del territorio.
Poche immagini delle stalle e dei campi devastati, dell’agricoltura e delle poche attività artigianali e commerciali perse.
Eppure lo avevamo visto già visto in Emilia: le attività economiche sono le più importanti se si vuol tornare a vivere nei luoghi… e i mass media dovrebbero saperlo.
Ma quando si parla di Appennino, e non solo per le zone terremotate o alluvionate, si stenta a parlare di attività agricole, artigianali e commerciali; in ogni caso non se ne parla mai abbastanza.
Non si rammenta che quell’attività agricola, zootecnica, vitivinicola o legata alla trasformazione dei prodotti è ancora, nonostante tutto, nonostante le gravi scelte politiche penalizzanti, l’emblema del nostro Appennino, dalle prime colline alle aree più interne e lontane….
Non si rammenta che quelle attività sono le sole in grado di generare nuove forme di turismo e di vita sociale ed economica. Senza tutto questo l’Appennino muore.
CI STIAMO FORSE DIMENTICANDO CHE…
Ci stiamo forse dimenticando che agricoltura e turismo sono le colonne di un’Italia che va oltre i centri urbani e le affollate spiagge. Ci siamo dimenticati che uno dei nostri prodotti turistici più apprezzati nel mondo è il cibo.
E allora come si fa a non capire che la forza dei nostri ristoranti diffusi nel territorio anche appenninico sta nella capacità di proporre unicità eno-gastronomiche nazionali e locali? Come si fa a non capire che tale unicità esiste se vive l’agricoltura e piccola manifattura di tale cibo, di tali prodotti alimentari?
Eppure, al di là di belle parole e proclami, da anni, queste sono settori e aree che vivono al margine, settori economici e aree che son lasciate morire lentamente…per importare materia prima, spesso prodotti contraffatti e cose del genere.
Gli Appennini, anche i nostri piacentini, sono sempre più un margine “ossuto”, senza più polpa, e senza rappresentanza politica vera. In talune zone molto interne siamo al deserto umano.
Tuttavia nella nostra area interna, quella valdardese, non c’è solo il carbonext.
CHE FARE…
Se è vero che il carbonext rappresenta un decadimento, sforziamo anche di guardare oltre e puntiamo sulla vitalità di quello che ancora si può recuperare in questi nostri spazi immensi, immacolati, ancora un po’ abitati, in gran parte, anche se spesso precariamente, raggiungibili.
Creiamo “spazi liberi” a Vezzolacca, a Morfasso, a San Michele, al Parco Provinciale, a Prato Barbieri, a Rustigazzo o dove ci piace di più…
Ci sono, e libertà ne ha dato notizia recente, nuove opportunità per intervenire sui boschi, sull’agricoltura, sull’escursionismo, sul turismo…
Se non intervengono i comuni in accordo con i privati c’è il rischio che ancora questa volta qualche “furbo” si prenda tutto per non far nulla o per far cose inutili (non corremmo mai vedere altri tagli del bosco fasulli ecc…).
Pretendiamo che i nostri comuni sappiano generare opportunità di sviluppo economico e turistico dai fondi europei disponibili; pretendiamolo!
Facciamo in modo che coloro che fissano i criteri di scelta per tali interventi favoriscano tutte le località dove occorre più di mezz’ora in auto per raggiungere un ospedale o una scuola superiore.
Facciamo in modo che la copertura dei servizi di mobilità telefonica siano finalmente diffusi anche in alta valdarda (non c’è turismo e attività produttiva locale senza telefonia mobile).
Ricordiamo però che ci sono parole chiave, per queste nostre aree appenniniche collinari e montane, per cementare le generazioni.
Sono le associazioni, le feste, la storia, le leggende…
Solo così l’Appennino, il nostro Appennino, non rischia di essere dimenticato, abbandonato e poi distrutto.
Lo sanno in particolare i sindaci che da troppo tempo sono vessati da tagli di bilancio che si sono, con il passar degli anni, trasformati in carenza di servizi che generano ulteriore abbandono e lontananza.
Serve far presto, serve un cambio di rotta andando a spender bene quei milioni disponibili sui fondi europei e regionali (quasi del tutto a fondo perduto, a costo zero).
Questa è l’ultima volta che la politica ha la possibilità di un riscatto con le comunità locali che, giusto per ricordarlo, sono sfiduciate, arrabbiate ma anche capaci di slanci per il bene comune.
Sergio Efosi scrive per Valtolla’s blog©
Ciao Sergio, complimenti per il tuo blog
Mi dici dove si trova la chiesetta di questa ultima foto? Grazie Paola
Paola, si tratta dell’oratorio di Teruzzi (Morfasso). ciao e grazie.
Sempre interessante Le tue pagine Di notizie Grazie!!
grazie mille Silvana.
Sergio