
ANTEFATTO
Con il tempo anche il cenobio realizzato sull’acrocòro del Moria ricevette la sgradita visita dei predoni e della soldataglia sbandata che vagava per la Valpadana. Per almeno un decennio, tra il 620 e il 630*, assaltarono a più riprese il monastero, mettendolo a ferro e fuoco, uccidendo numerosi frati, depredando i magazzini alimentari e distruggendo i preziosi codici miniati dallo scozzese, il frate eremita venuto dal nord, e dai suoi confratelli.
Quella comunità comprese allora che non era più il tempo dell’isolamento assoluto, che era giunto il momento di rafforzare la presenza nell’abbazia e di ricercare la protezione del re…
Il modello di riferimento era Bobbio, dove la comunità protetta dal Rex totius Italie stava prosperando.
Tobia e altri due confratelli partirono per Pavia alla fine di Ottobre, per incontrare il re…e quel viaggio lo percorsero sulla Via del piano, quella che dal basso piano, pur in pessimo stato di manutenzione, raggiungeva il Po nelle zone di Piacenza dove occorreva guadare il grande fiume.
Dopo oltre 5 mesi, il 25 marzo, alla mattina presto, appena dopo l’orrido di Mignano apparve un drappello di uomini; avanzavano lentamente sulla riva sinistra del torrente, c’erano muli e pecore, maiali e uomini, anche bambini e giovanotti. E c’erano i frati che eran partiti tanti mesi prima…
Ritornavano accompagnati da un piccolo drappello di fanti longobardi, con al seguito famiglie, masserizie e scorte alimentari, animali da cortile e da soma.
Portavano una pergamena con il sigillo reale che concedeva, in uso perpetuo, gran parte delle boscaglie del fisco regio nell’alta valle dell’Arda
Per tale concessione avrebbero dovuto recuperare i vecchi edifici, ora miseri ruderi, che si trovavano in quel tratto di strada poco distante dal torrente Arda.
Per i Longobardi, per rafforzare il regno, occorreva ripristinare la Via, poco più che un sentiero, che per un lungo tratto risaliva la valle dell’Arda, quella che percorsero i Liguri per molti secoli e che ora era ridotta a un misero sentiero impervio e insicuro. Occorreva, in sostanza, creare il presido territoriale, attirare nuovi abitanti in quelle boscaglie montuose, sperdute e desolate…rendere percorribile e sicura quell’antica Via per raggiungere le terre del centro Italia.
Pensarono al “percorso” di san Colombiano, ai risultati di quella comunità…
PIETRA SU PIETRA DAL MORIA A TOLLA
La decisione dell’allora piccola comunità religiosa, al tempo composta da due decine di frati superstiti, fu quella di non disperdere nulla del patrimonio acquisito e realizzato, e riedificato più volte.
Quei frati erano molto pratici e la risoluzione fu quella di “smontare” il vecchio cenobio sul monte, sasso per sasso, e “trasferirlo” sul piccolo poggiolo poco più a valle.
Un lavoro immane, considerando i mezzi del tempo, i sentieri impervi e l’intrico della boscaglia.
Un lavoro da organizzare bene per evitare perdite umane e la dispersione delle preziose pietre faticosamente reperite o estratte dal ventre della montagna, plasmate e benedette con il loro sudore per innalzare i muri del primitivo cenobio sull’acrocòro.
E la processione tra il monte e quel poggiolo, vigilata dai fanti longobardi del nuovo presidio locale dei Bardetti, in certe giornate si interrompeva per il lavoro dei campi, per la raccolta delle messi e delle frasche da foglia o per l’avvicinarsi del pericolo “forestiero”; ma poi riprendeva e quella originale torre rotonda si abbassava sempre più…mentre ricresceva in altro luogo poco più a valle.
Passarono i mesi, passò la lunga e calda estate e accanto all’edificio principale, che cresceva in pietra e legname, all’interno della palizzata provvisoria che delimitava il nuovo monastero, vennero realizzate tante piccole capanne, una per ciascun monaco, dove poter ascoltare la natura e pregare in silenzio .
E passarono anche gli anni e l’edificio principale crebbe come fosse una avveniristica grangia, progettata da quegl’abili monaci, con la forma di un edificio fortificato, per sistemarvi il piccolo gregge di pecore e maiali, e il prezioso granaio.
Eressero poi un secondo edificio, questo interamente in pietra, dove venne ri-edificata quella piccola cappella andata distrutta nei secoli passati, e a più riprese depredata; e la fecero più grande, più alta e con la torre più svettante.
In questo edificio Tobia, con lo scozzese e l’intera comunità, trascorrevano parte del tempo del riposo dal lavoro ad ascoltare le letture, a copiare libri e antichi codici, a pensare come render più bella la chiesa con i pochi mezzi dei quali disponevano, a cantare le lodi al Signore…
Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
“Terribili sono le tue opere!
Per la grandezza della tua potenza
ti lusingano i tuoi nemici.
A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome”…**
Così la comunità, originaria dell’acrocòro del Moria, venne sempre più identificata con uno di quei monti, il sovrastante monte Tollara, quello che svettava sull’acrocòro nel versante valdardese. E il consesso religioso crebbe sempre di più, e con il passare del tempo fu necessario aggiungere un ampio porticato esterno alla chiesa per accogliere i sempre più numerosi visitatori, e gli abitanti locali, che raggiungevano quella comunità per seguire i consigli di Tobia, per ascoltare i suoi sermoni e le lodi al Signore.
E quando tutti i sassi, le travi, le palizzate e gli utensili dal monte furono trasferiti nel nuovo edificio, la comunità tornò in quel luogo, così impervio e poco ospitale, per ringraziare il Signore, elevandovi una primitiva capanna ove posero una lastra in pietra dura con effigiata la Madonna, la prima Madonna del Monte…
Era l’inizio di quell’era che la storia definirà “di Tolla”; e della civilizzazione cristiana dell’alta Valdarda.
Ma la costruzione più mirabile, questi architetti primitivi, l’avrebbero realizzata nel vasto territorio, al principio desolato, dove nel corso di pochi decenni sarebbero accorsi altri uomini di buona volontà per realizzarvi piccoli insediamenti di contadini e boscaioli.
E l’opera di tali frati, pianificatori inconsapevoli, sarebbe diventata la storia dell’alta Valdarda …che avrebbe riservato altre sorprese, a volte buone e altre no.
(Fine della quinta puntata “I racconti del monte Moria”)
La storia romanzata da Sergio Efosi© (bozza non corretta)
*Forse tutta la storia andrebbe posticipata di almeno un ventennio, ma anche no.
** salmo 66 (La Sacra Bibbia)