Reportage di Sergio Efosi, fotoamatote, blogger, escursionista e narratore.
Ci sono dei posti che non appartengono del tutto la geografia fisica; sono reali e irreali al tempo stesso, nel senso che la semplice lettura topografica dice poco di loro.
Questi posti appartengono ai “luoghi dell’altrove”, molto più distanti di quanto non lo siano in chilometri di strada da percorrere per raggiungerli, molto più isolati di quanto non lo siano realmente.
Solo arrivandoci, in questi posti, ci si rende conto di questo “altrove”, di questa loro singolarità.
A Piacenza di questi posti ne conosco tre.

La Val Restano, di cui scrivo ora, la Valtolla, della quale scrivo spesso e la Val Boreca, anche per me sconosciuta. E tralascio i “luoghi dell’altrove” minori, che pur esistono.
In Val Restano, dunque, ci sono arrivato per caso. La mia curiosità è partita percorrendo, la scorsa primavera, “l’anello del merluzzo” tra Groppoducale, Prato Barbieri e Montelana (link “anello del merluzzo”). Oltre questo sentiero sapevo esservi una valle lunga e misteriosa che mi chiamava…
Questo “altrove” inizia poco oltre Bramaiano di Bettola, raramente lo si scopre attraverso una guida turistica e si estende per circa 10/11 km.
È una specie di lungo e stretto “fiordo appenninico”piacentino dove al posto del mare c’è il torrentte e dove non s’insediarono i nordici Vichinghi ma sicuramente vi ripararono i nostri antenati “Ligures”.
Quel popolo primordiale, antichissimo padrone dall’età “primitiva” delle vaste terre appenniniche tra Liguria, Provenza, Lunigiana, Apuania, regioni montane e collinari dell’Emilia occidentale ecc.., che per oltre 70 anni resistette all’invasione del suo territorio d’origine da parte dei Romani.
Un popolo montanaro, silvestre, conoscitore delle vallate più interiori e sperdute come questa del Restano e di Groppoducale.
E anche i loro successori furono uomini dei boschi, fino a quasi i giorni nostri; uomini e donne che coltivando la fede eressero una chiesa bellissima, colma di purezza cristiana nello stile slanciato del suo mirabile campanile e nella semplicità della costruzione a “capanna”.
La costruirono, accanto alle loro case di sasso, in quel lontano anfiteatro naturale, dove la valle stretta, per poco, si apre alla luce e all’immensità del cielo.
Qui, in questo “luogo dell’altrove”, gli abitanti realizzarono il loro paese e la chiesa, un mirabile esempio di architettura sacrale rurale.
In altri tempi vivevano di farro, il cereale primitivo e poi di castagne e portando al pascolo i loro pochi armenti, perché poca era la terra e tanto il bosco.
Poco oltre la Chiesa, sulla vecchia strada, c’è lo Scoglio con le case e l’alta torre d’altri tempi. Poi inizia nuovamente la boscaglia, che da queste parti è natura totalizzante.
I camini, in taluni casi, tra Restano, Rigolo Chiesa e Rigolo Scoglio sono stati rinnovati ma non v’è quasi traccia di abitanti umani mentre si notano capre, asini, galline e conigli.
Nei locali della canonica, da pochi anni, c’è un segno dell’uomo moderno, c’è l’agriturismo Ca’ Sonino, bello e romantico, isolato e immerso nel verde accanto al cielo.
Il resto è vento, acqua, fiori, fauna selvatica…
Una Val Restano da scoprire e percorrere a piedi e in bici, nel rispetto della “sacralità” dei luoghi. (Novembre 2018).


