
di PAOLA CARBONE*
In montagna si cerca l’aria buona, si cercano funghi, castagne, prodotti genuini, frutti che si colgono dagli alberi e magari anche qualche verdura negli orti. In montagna si vengono a cercare queste cose e si trovano, ci sono tutte. C’è il latte appena munto, le uova ancora tiepide, le galline e i conigli liberi nei campi. “Sono diversi” dicono “questi hanno sapore, non sono come quelli che comperiamo in città”.
E i montanari, abituati al poco, vivono di questo orgoglio, delle fatiche che mantenere tutto questo per sé e per gli altri comporta. Chi vive in montagna è a presidio di un territorio sempre più isolato e abbandonato dalle istituzioni, dai servizi, da una società che da anni “rema lentamente contro”. Il montanaro queste cose le sa bene, le vive da tempo sulla pelle, giornalmente. Non ha mai avuto niente in cambio di niente e per questo è, probabilmente, diventato diffidente. Si preoccupa vedendo tanta abbondanza tecnologica donata alle scuole di montagna e si chiede se deve gioirne o preoccuparsi. I nostri 20/40 ragazzi raggruppati nelle varie scuole di montagna arriveranno magari ad essere gestiti a distanza da un tutor?
Sorride il montanaro, dei suoi stessi pensieri. Forse nemmeno lui ci crede; però c’è un però! Non si parla forse di togliere posti letto negli ospedali minori e di eliminare sedi di pronto soccorso? Non hanno già eliminato i servizi di ambulatorio pediatrico? Vero è che 20/40 ragazzini non sono molti, ma il servizio reso una volta settimana, esattamente così com’era, forse era anche equo e non un lusso. Ora il montanaro sembra guardare fisso nel vuoto con le labbra piegate in un sorriso spento. In realtà guarda lontano e mette a fuoco ogni singolo travagliato sentimento con la sua terra, ogni singola fatica gli sia costata e gli costi, mette a fuoco il “lusso” che si è concesso nel decidere di restare e viverci.
Chi ha figli giovani e genitori anziani, si sente… un abitante della terra di mezzo. Alla domanda “dove vivi? “ ciascuno, tranquillamente potrebbe rispondere “sulla strada”. Pur cercando di ridurre all’osso le necessità, tra una visita per i bambini, una per gli anziani, le udienze quando i figli frequentano le scuole superiori, la frequenza stessa delle scuole, il necessario occorrente reperibile solo in città e recarsi al lavoro, per chi un lavoro ha: sono chilometri su chilometri, sono spese in auto e in manutenzione della stessa e se in paese non c’è un distributore funzionante sono spese anche per andare a fare rifornimento. I serbatoi, i montanari, li devono tenere pieni perché qualunque cosa accada è necessario avere l’autonomia minima di un centinaio di chilometri, sempre. “Siamo pochi e la politica sa solo contare i numeri dei voti” sussurra tra se il montanaro e si domanda: “chissà se qualcuno ha mai pensato alle conseguenze di uno spopolamento completo della nostra bellissima montagna? “
apparso sul quotidiano libertà dell’11/01/2013
La redazione del blog ringrazia la sig.a Paola Carbone per l’ottimo articolo.