Appunti di viaggio di sergio efosi e fausto ferrari
Mentre il nostro tour eno-gastronomico nostrano in valtolla e dintorni, luogo dopo luogo genera il nostro racconto, si risvegliano le memorie.
E qui in Vallongina la memoria si eccita di più, eccita il pensiero della nostra gioventù (nota di sergio: quello di Fausto, il mio compagno di scorribande enogastronomiche), della trascorsa spensierata “freschezza” che con le colline viticole, i calanchi e l’acqua del torrente Ongina è come un narcotico per la mente. Un fluido eccitante che scorre a valle, attraversa la pianura e poi si unisce al grande fiume.
Guidare da queste parti è come scivolare senza una ritmica precisa dove occorre solo qualche correzione del volante e un po’ d’attenzione …perché la Via che percorriamo e il pensiero sono più forti di noi.
Che lo prendiamo da valle o dal monte lo Stradone, che corre parallelo all’Ongina, non ci tradisce mai e ci lascia ammirare Bacedasco, terra del vino, fino a ben oltre i calanchi della Ciocca, della Riserva del Piacenziano, quasi fino a Vernasca passando per il “botteghino”, fino a superare gli alti colli prima di addentrarsi nell’Appennino Emiliano-Ligure.
Ma anche in senso contrario dopo aver attraversato la Via Emilia verso nord, lasciato lo Stradone e seguendo altre Vie, la Vallongina non tradisce le nostre aspettative. Ci conduce attraverso le terre percorse da san Bernardo di Chiaravalle, quello della Colomba e dei Cistercensi, spingendoci nel triangolo più geniale delle due confinanti province di Piacenza e di Parma, antiche terre ducali.
Il triangolo del genio musicale, letterario e gastronomico per eccellenza, o meglio per le eccellenze che ci riserva.
Qui, tra Sant’Agata, Busseto e Roncole, visse e operò il “maestro”, quel Giuseppe Verdi mondiale che nato parmense, visse piacentino; e in questa “bassa” nebbiosa e umida, ma molto laboriosa, sorsero e si svilupparono dai tempi antichi, a dispetto della geografia moderna, un po’ sulla riva destra e un po’ su quella sinistra del torrente, il famoso formaggio grana e il Culatello, e quel genio di Guareschi scrisse i suoi capolavori letterari tra umori neorealistici, sapori della terra e passione civile.
Ma è la nostra Santa che protegge tutto, quella Franca che per vocazione popolare dalla natia Vitalta, a due passi da Vernasca in Valtolla e dalle sorgenti dell’Ongina, raggiunse la sponda emiliana del grande fiume padano proprio dove il torrente si unisce con l’Arda e con il Po. A Santa Franca di Vidalenzo una bella chiesa e un grande bosco ricordano il suo lungo “cammino di pellegrina”, ambasciatrice del pensiero Divino e orgoglio di queste terre.
In Vallongina però questa serata di mezz’estate la trascorreremo, tra gli esaltanti colori del tramonto e dell’annottare valligiano, sul colle a Villa Baroni, proprio di fronte a Vernasca, alla pizzeria-ristorante da Rita e Maurizio, con forno a legna.
Il locale è condotto da Graziano, produttore in proprio anche di grani e vini, e di altro che ci piace tanto.
Ci aspettano amici buongustai che con noi vorrebbero apprezzare la pizza fatta con quei grani speciali che l’oste Graziano semina direttamente qui attorno, tra una riva, un vigneto e il falso piano di queste antiche contrade della Valtolla. E noi la pizza la preferiamo sottile e un po’ croccante, con pomodori, mozzarella di bufala campana, quella Dop, e basilico fresco ma anche bianca o con il prosciutto crudo e l’immancabile origano nostrano.
E così, oltre alla pizza, scopriamo queste “vetuste” varietà di grano tenero la cui farina, macinata a “preda”, è particolarmente adatta alla panificazione tradizionale con fermentazione acida. Scopriamo che il vecchio San Pastore come il Mentana, il San Giacomo e il Gentilrosso, abbandonati ovunque perché facili all’allettamento e/o poco produttivi e sensibili alla avversità climatiche, poveri ma non privi di glutine, altamente digeribili, qui rivivono antichi fasti e vengono appositamente selezionati e poi macinati per far parte della farina base per la pizza di Villa Baroni che in Vallongina-Valtolla è la più speciale; e gustata con del buon vino locale a fermentazione naturale ci soddisfa parecchio. Un vino, a scelta bianco o rosso, dai sapori inusuali non certo convenzionali, che ricorda quelli dei contadini del tempo che può piacere o non, conquistare o essere rigettato ma sulla cui genuinità c’è da scommettere.
E poi c’è la torta secca casalinga con il Vin Santo…un abbinamento da favola.
Il conto, più che onesto, non si paga prima di aver celebrato la digestione con una “visciola” fatta in casa con quel gusto che forse abbiam dimenticato ma che ritroviamo con piacere ai Baroni nella cara valle dell’Ongina.