
Stamani appare su Libertà uno scritto di Zilioli che quasi integralmente pubblichiamo.
Di sicuro non ci è mai sembrato un integralista ambientale, piuttosto un acuto osservatore del territorio, un profondo conoscitore dello stesso..uno che ama la sua terra e cerca di aprirci gli occhi!
di Giovanni Zilioli ( coautore del bellissimo “terre piacentine”)
Prendete una cartina naturalistica dell’Appennino settentrionale, da Bologna a Genova, e indovinate: qual è l’unica provincia priva di aree protette, cioè del tutto monca di significativi Parchi regionali o nazionali?
Piacenza, caspita, risposta esatta!
Un piccolo-grande record negativo, uno dei non pochi, che ci portiamo orgogliosi appuntati al petto dell’indifferenza e della cecità progettuale. Però, le nostre Autorità competenti non stanno letargiche con le mani in mano, almeno così non farebbero danni.
Macché, basta che uno si distragga un attimo, allentando la guardia, e zac!, eccoti arrivare fra capo e collo l’ennesimo tentativo truffaldino di piazzare qua e là, nei punti strategicamente migliori (che, di solito, corrispondono a quelli paesaggisticamente ed ecologicamente più pregiati e delicati) due mega pale eoliche, tre dighette tanto per gradire, qualche campo fotovoltaico (ovviamente posato a terra, quasi mai su uno dei milioni di metri quadri di tetto di capannoni industriali o di pubblici edifici, vuoi mettere lo sforzo creativo necessario a una simile pensata!?), una variante stradale killer, eccetera eccetera.
Non abbiamo saputo, né voluto proteggere adeguatamente le nostre montagne (il che significa, a scanso di equivoci, impedirne lo spopolamento, facendole zone di attrazione turistica ed economica), però, se le cose continueranno così, il nostro tratto montano sarà il primo a potersi fregiare dell’ambito titolo di: Parco Eolico dell’Appennino Piacentino. Vuoi mettere, le valli dell’Enza e del Parma, del Taro e del Ceno, del Vara e del Baganza, oppure i paesi rinati di Bardi, Bercelo, Varese Ligure, Borgotaro, Monchio delle Corti, Corniglio (i primi che mi vengono in mente), con le loro aziende agrituristiche modello, le strutture ricettive all’avanguardia, gli allevamenti sani e salvi, anzi incentivati, le cento e cento attività imprenditoriali, a confronto con i nostri borghi-fantasma di Morfasso, Ferriere, Bobbio, Farini, Cerignale, Ottone, dove a stento – e non si sa per quanto ancora – resistono le scuole elementari, un medico, la farmacia e, di tanto in tanto, due negozi e la posta?
Cosa si inventano i nostri illuminati Amministratori, per salvare il salvabile, a parte una sfilza demenziale di aerogeneratori da far paura, equamente distribuiti sui crinali vallivi di maggior pregio ambientale?
Nulla, a quanto so, o briciole stantie, e vorrei tanto sbagliare e venire insultato dai medesimi, perché significherebbe che qualcosa si sta facendo, per resuscitare le nostre stupende montagne dall’abbandono e dall’inarrestabile inselvatichimento.
Un giorno, quando le tessere del necrofilo puzzle saranno tutte incastrate, da ogni parte d’Italia e d’Europa arriveranno comitive entusiaste, con la fregola incontenibile di ammirare i roteanti macinacaffè superbamente montati sui cocuzzoli di val d’Arda, val Chero, val Trebbia e val Nure.
Faranno a cazzotti, per accaparrarsi un posto in prima fila e godersi lo spettacolo, dalle parti di Prato Barbieri, Pianazze e Mercatello, estasiati a bocca aperta e cuore rapito da una simile irresistibile fascinazione motoria. Scusate l’ironia, ma ci sarebbe da piangere…
Le tristissime vicende delle nostre montagne – alla pari di quelle della pianura – sono il fedele ritratto di una classe dirigente locale per lo più ottusa, affaristica, con lo sguardo a gittata massima di naso, che della propria atavica ignoranza mena laconico vanto e che dalla propria ignavia ricava motivi per sempre nuovi deturpazioni a 360°, che nessuno sembra poter censurare o bloccare.
Ci sarebbe materia da analizzare e discutere per giorni e giorni, ma mi fermo qui. Ogni comunità ha il governo che decide e si merita
A noi, questi ci toccano in dote, finché non cambieremo registro, sperando non sia troppo tardi, perché la terra, una volta sfregiata, non si può riciclare come un vetro rotto e nemmeno scambiare al mercatino delle pulci con una più in salute. Certi disastri sono irreversibili.
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