Ohhh…anche quest’anno sono arrivati novembre, le nebbie, il freddo e finalmente possiamo parlare, ancora solo ri-parlare, di turismo nostrano senza rompere le uova nel paniere degli operatori durante la “stagione”. A dire il vero di turismo in valdarda se ne parla da sempre in convegno e riunioni varie. Il fatto è che se ne parla ma non si va mai avanti.
Di certo gli unici che parlando, parlando, parlando ci guadagnano realmente sono i vari “specialisti”, i professionisti dei convegni… quelli pagati profumatamente per esporre quasi sempre banalità e proporre ricette del cavolo.
Ormai lo abbiamo capito, lo hanno detto in tutte le lingue: Piacenza non crea domanda turistica! Ai tour operator non interessa “vendere” Piacenza preferiscono orientarsi sulla vendita di un pacchetto che comprende una visita in un Outlet, nella fabbrica delle macchine di lusso, nel grande caseificio, nel grande magazzino dei prosciutti per finire con la cena nel ristorante nel tal castello magari alloggiando dove ci sono “situazioni” termali…Tutte cose che, a ben vedere, nella sola Piacenza esistono in minimissima parte.
Ma allora come faremo a partecipare alla “spartizione” dei fondi dell’Expo che si svolgerà a Milano nel 2015, a due passi da noi? Esporteremo qualche quadro da vedere in qualche situazione museale milanese e ci accontenteremo di quello che passa il convento, che son briciole e basta. Facciamo pure anche questo sforzo, organizziamoci per portare a casa qualcosa ma finita quella breve, ulteriore, “effimera” stagione, tagliate quelle piante, il bosco potrebbe restare gerbido per lunghi anni.
Resterà il fatto che Piacenza non crea domanda turistica secondo i canoni dei tour operator e che noi, a dire il vero, di idee chiare ne abbiamo pure pochine…e solo una minima e frastagliata struttura di accoglienza.
I tour operator chiedono invece di andare a Parma perché è in grado di aggregare più domanda con le sue sbandierate eccellenze culturali e gastronomiche internazionali: Verdi, il crudo-culatello-parmigiano in primis conditi con i Castelli del Ducato, le terme di Salsomaggiore, Tabiano e Monticelli e altri prodotti o servizi che riempiono il pacchetto: un grande outlet, un centro storico molto accogliente, grandi depositi di grana e prosciutti e capacità di vendere al meglio il prodotto. E noi?
Noi cosa potremmo proporre di unitario, di unico, di piacentino-emiliano, anche in senso immateriale? Un vino? La coppa? Un castello? Ma tutto questo è ovvio…ma non è questo il punto. Così non si va da nessuna parte, occorre un ‘idea forte, un traino che sia riconoscibile ovunque (come lo sono un Verdi, e l’accopiata alimentare che citavamo)che possa divenire l’identificativo provinciale. Per fare un piccolo esempio basti pensare che nel Salento ci si va, in primis, per il mare e dopo, ma solo dopo, perchè si mangia bene e ci sono pure delle bellezze artistiche di grande rileievo. Quindi si vende il mare del Salento e il resto viene di conseguenza. Chiaro?
Noi che cosa abbiamo di unico-unitario molto forte? Pensateci…non è una nostra esclusiva ma siamo tra i più “forti” del nord Italia, potremmo diventare i primi a gestirlo in maniera organizzata-integrata a fini turistici.