Nel piacentino c’é una “bissa” che pezzo per pezzo, strisciando il “ditone”, ci restituisce un capolavoro gastronomico, vera gloria piacentina: i pisarèi.
Un piatto, pare, di origini medievali che si cucinava senza pomodoro e fagioli borlotti introdotti, in Europa, in seguito alle imprese di Colombo(1492, inizio era moderna).
Riferiscono le cronache del tempo che il piatto era molto gradito dai pellegrini francigeni in transito nella provincia, diretti verso Roma. Un piatto unico che veniva servito caldo nei numerosi ospitali e xenodochia locali perché realizzato mescolando la farina del frumento( forse anche di altri cereali al tempo coltivati per la maggiore) con il pane raffermo, grattugiato e qualche “striscia” di lardo e cotiche che i frati recuperavano dagli avanzi delle dispense dei nobili.
Il “gnocchetto” veniva cotto in un brodetto insaporito con verdure aromatiche, cotiche, grasso e fagioli dell’occhio (unica varietà presente in Europa fin dall’antichità) e, quando possibile, servito con una spruzzatina di “cacio” piacentino…
Racconta Anna Gosetti della Salda in “Le ricette regionali Italiane” che i pisarèi sono la gloria di Piacenza. E c’è da crederci perché ancora ai giorni nostri il “semplice” piatto é proposto ovunque in trattorie, agriturismi e feste popolari piacentine, ovviamente arricchito con conserva di pomodoro, fagioli borlotti e spruzzato di Grana Padano; chi lo preferisce “brodoso” e chi asciutto…ecc…ecc….
Ma fin qui niente di nuovo.
Quello che ci chiediamo piuttosto è: in quali ospitali e xenodochia, dunque, potrebbe aver avuto inizio tutto questo?
Se consideriamo che per lunghi secoli, durante l’intero medioevo, il tratto piacentino di Via Francigena più percorso transitava in valdarda risalendo da Fiorenzuola verso Castell’Arquato per raggiungere “Tolla” e superare il Pelizzone (Via dei Monasteri Regi), e che l’intero tratto citato era costellato da parecchi ospizi ben “attrezzati” per viandanti e pellegrini…allora potremmo affermare che i Pisarei sono originari della Valdarda. Originari di Fiorezuola e/o Castell’Arquato? Inventati dai frati di Tolla?
Del resto “Pisarei e fasö” ci sta con il dialetto locale parlato, con poche differenti sfumature, tra le due cittadine nominate. Vero o verosimile non lo sappiamo ma così ci piace pensare. E ci piace anche pensare che fosse il cibo “eccellente” e povero dei pellegrini della Via dei Monasteri Regi.
In ogni caso leggende o aneddoti antichi non tolgono nulla a questo autentico capolavoro della semplicità e del gusto dì Piacenza che tuttavia, purtroppo, vive in maniera eccessivamente “autoreferenziale”… Al pari di altri nostri capolavori del gusto. (Foto dal web).
Suppongo che la preparazione originale, prima dell’arrivo dei borlotti e pomidoro dal Sud America, prevedesse i nostri buoni e antichi fagioli italici, del genere Dolichos, tra cui “quello con l’occhio”, utilizzati dai “Romani”.
Per “il pomodoro”, infine, esistevano salse similari tali da poter presentare “i pisarei” non molto differenti da quelli odierni.
Saluti, Bafurno
Si tratta di ipotesi. Tieni conto che il fagiolo dell’occhio é quello che viene usato da certi specialisti cultori del piatto perché si presta bene al bisogno. E tieni pure conto che quasi certamente era un piatto servito con un brodo denso che si mangiava con il cucchiaio ( presente in cucina ben prima della forchetta come la intendiamo noi). Il pane raffermo era in maggior quantità rispetto alla farina, per ovvi motivi motivi, è la farina usata era quella disponibile.