
Una volta, negli anni ’70 del secolo scorso, i cinghiali, i caprioli e altre specie ungulate nel nostro Appennino erano “merce rara”.
Ma si sente dire che i cacciatori, alleati con i naturalisti, d’accordo con le varie amministrazioni provinciali, introdussero questi animali un po’ ovunque in prossimità dei nostri crinali promettendone un serio controllo…avete capito bene: un serio controllo. Nessuno hai mai confermato queste notizie …e nemmeno smentite ufficialmente. Poi a un certo punto qualcosa deve essere andato “storto”… per non dir peggio e ora ci sono i problemi.
Nonostante i cacciatori, e gli ambientalisti, cinghiali e caprioli (e ora anche i lupi) si sono andati a diffondere ovunque nella montagna e nella collina; anzi caprioli e cinghiali ora sono molto concentrati, in primis, in collina e pianura dove trovano facilmente cibo.
Sono ormai anni che, periodicamente ma sempre più frequentemente, provocano incidenti stradali in tutta la provincia e danni gravi alle coltivazioni. Poi vi sono lupi, volpi e cani inselvatichiti (questi ultimi “persi” da uomini incivili) che, sistematicamente, razziano i pochi pollai rimasti e attaccano animali al pascolo, se non addirittura nei serragli nei pressi delle aziende agrarie.
D’altronde se in montagna questi animali non trovano cibo lo vanno a cercare dov’è.
E così uno dei problemi principali di questa continua migrazione locale è ora rappresentato dagli incidenti che tali incolpevoli animali provocano a ignari automobilisti che transitano sulle strade del colle e della pianura. Noi stessi, per ora, ne abbiamo “schivati” parecchi ma ci è andata bene…
Tra la Cementerai della Valdarda e il dighino di Castell’Arquato, per fare un esempio, il pericolo è costante e gli incidenti in agguato perenne.
Talmente vero che lo Stato (attraverso i suoi organismi territoriali provinciali) ha apposto cartelli di pericolo molto espliciti per avvertire gli automobilisti e i motociclisti; e così pensano di essersela cavata con un cartello segnaletico…
Troppo facile per noi prendere le difese di questi poveri animali o, di contro, invocarne il loro sterminio.
Di sicuro si è capito che gli “sfortunati” danneggiati da tali ignari animali vaganti (gli animali non conoscono la geografia, il diritto di proprietà e neppure il codice della strada …) si pagano i loro danni, grandi o piccoli che siano…e chi si è visto si è visto. Qualcuno più fortunato, si vocifera, che abbia ricevuto un “indennizzo-contentino” ma niente di serio.
Polizze assicurative? Sì certo ma a carico nostro, a nostre spese…come sempre in questo Paese che chiede molto e restituisce poco.
Ma resta un fatto che non mi piace: perché un animale docile come un capriolo deve essere lasciato libero in un area densamente popolata potendone subire un danno, per lui di sicuro, mortale? È amore per gli animali permettere tutto questo? E perché un allevatore-agricoltore, sempre più raro in montagna, per poter svolgere il proprio mestiere deve far guerra ai lupi e ai cinghiali che gli devastano il campo di patate, di mais ecc..?
Non sarebbe ora di iniziare, seriamente, a controllare con metodi efficaci e moderni, e non con inutili e inconcludenti “battute”, la diffusione di animali molto prolifici come lo sono cinghiali e caprioli? Non sarebbe ora di iniziare controllare seriamente anche la diffusione del lupo …evitando che si esasperino situazioni di pericolo e di disagio già molto presenti per allevatori, agricoltori e ignari automobilisti?
Ma per favore niente “crociate”, niente estremismi di parte e isterismi malpancisti! Con tali atteggiamenti non si va da nessuna parte…e i problemi restano.
Del problema ne parla da anni ma per ora solo parole e pochi fatti, e intanto la situazione che denunciò Coldiretti nel 2010 è di molto peggiorata ovunque, Piacenza compresa.
Purtroppo il problema, diffuso sui monti di tutta l’Italia, è dovuto, oltre all’abbandono della montagna, all’ingombrante potere di animalisti e tutti gli altri “..isti” che condizionano la vita pubblica. Una soluzione potrebbe essere la cattura selettiva di esemplari maschi per la sterilizzazione, solo per limitarne il numero in attesa che il ritorno dell’uomo in montagna riporti l’equilibrio perso. Sembro brutale, ma credo sia l’unica ricetta per curare il male.