La storia leggendaria di Tobia del monte Moria (I racconti…)

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arcano supremo, mod.

ANTEFATTO

I frati del monte Moria diventano “tollensi” ma prima, prima di tutto c’era Tobia l’eremita della Valdarda, quello che per la storia piacentina è il Beato Tobia.
In realtà le fonti scritte ci rivelano ben poco del personaggio storico in questione.
Eremita e guida spirituale degli Ebrei “riparati” in Valdarda, e convertiti al cristianesimo, oppure Abate pavese, inviato dal Vescovo Damiano (1)? Vescovo di Parma (2) o appartenente al “gruppo dei monaci di San Colombiano” stanziati a Bobbio? Un mistero tuttora intatto e mai svelato.
Ma a volte la storia di certi personaggi, grazie alla fantasia popolare, assume valenze mitiche e in tal modo vanno raccontate…
Tobia, prima di stabilirsi in Valdarda, era stato uno dei precursori dei “viaggi devozionali”, e aveva potuto studiare, confrontarsi con altri illustri personaggi della sua epoca.
Andando a ritroso nel tempo, incontrandolo su quelle Vie incerte, avremmo immediatamente riconosciuto in lui il “pellegrino”, coraggioso, sprezzante del pericolo, animato da una profonda fede nel Salvatore; vestito di un lungo mantello, la primordiale “pellegrina”, con un copricapo rotondo, di foggia un po’ orientale, con calzari di cuoio resistenti (che toglieva ogni volta che entrava o percorreva in un luogo santo), con il lungo bordone benedetto dal suo padre spirituale e con una lunga barba incolta che mai lo abbandonò…

Correvano gli anni del secolo VII, e queste terre appartenute all’Impero Romano erano ancora sconvolte dalle guerre, e la carestia, e l’epidemia, percorrevano anche la Valdarda.

TOBIA ALLA RICERCA DELL’EVANGELISTA SUL MONTE MORIA…
Tobia, in una tappa del suo lungo viaggio alla ricerca del “desertum” eremitico si era fermato per riposare in un giaciglio di fortuna ai margini della boscaglia, forse poco distante dal Po, luoghi a lui sconosciuti e al tempo selvaggi, acquitrinosi e con pochissima presenza umana.
Uomo vigoroso e deciso nei propositi, sapeva controllare il timore di fronte all’ignoto; timore che pur doveva essere grande e che quei tempi bui amplificavano.
Questo tuttavia non gli impedì, quella notte, di prender sonno*.
Appena prima del levar della luce del mattino gli apparve in sogno Paolo**, missionario di Cristo, l’evangelista dei pagani, del quale aveva sentito più volte parlare, nel corso dei suoi lunghi pellegrinaggi. Immerso nell’immaginario onirico comprese che avrebbe voluto incontralo per pregare con lui. Dopo qualche giorno, in costante cammino attraverso terre sconosciute, fitte di boscaglie, durante il riposo notturno, sognò nuovamente Paolo ma anche che qualcuno lo aveva preceduto…
L’ansia l’assalì risvegliandolo all’improvviso nella notte, impedendogli di riprendere il riposo completo.
Da quel suo nuovo giorno, egli, decise che il viaggio lo avrebbe dedicato alla spasmodica ricerca dell’Evangelista.
Una sera mentre vagava nelle immense e profonde “boscaglie oniriche” incontrò un centauro, per metà uomo e per metà cavallo, il quale intuì, senza che Tobia proferisse parola, chi stesse cercando: «devi andare diritto per quel sentiero…» lo esortò con decisione « devi proseguire senza perdere questa via. Altri sentieri incontrerai ma cadere in errore e tentazione non dovrai…». Tobia comprese le metafore e proseguì nella sua ricerca.
Dopo alcuni giorni d’incerto cammino onirico incontrò uno strano essere che portava dell’uva. Essere, per lui sconosciuto e apparsogli inaspettatamente, che nella sola parte superiore del corpo aveva le sembianze umane ma con i piedi di capra.
Visibilmente intimorito Tobia, ma determinato nella solitaria ricerca di Paolo, non si scoraggiò e chiese con decisione a quello sconosciuto: «chi sei, perché anche tu percorri questo sentiero, e dove porti quell’uva?». Quello rispose con una certa noncuranza di essere un fauno che viveva nel bosco che avrebbe potuto aiutarlo nel suo peregrinare, solo che lo seguisse…perché anche il suo sentiero, rimarcò quel fauno, portava al cospetto del sant’uomo.
Memore delle parole del centauro, Tobia, rifiutò quell’invito e proseguì per la sua strada.
Qualche giorno dopo, giunto ai margini delle grandi montagne appenniniche, incontrò un lupo, uno di quelli che vivevano in queste boscaglie da secoli, che non si era fatto irretire da alcun fauno o altra divinità silvana, che lo attendeva all’incrocio del sentiero. «Non ho paura di te» disse Tobia sereno rivolgendosi a esso. «Devi condurmi da Paolo… tu solo sai dove si trova!». Il lupo annuì e senza esitazione guidò l’eremita lungo l’impervio e tortuoso sentiero, fino al luogo dove Tobia avrebbe potuto incontrare Paolo.
Andando oltre il racconto, chiaramente onirico, di sicuro legato alla mitizzazione popolare, è certo che Tobia giunse in questi luoghi dell’alta Valdarda, in quei tempi interamente ricoperti dalla boscaglia e li percorse come un solitario ricercatore dell’intimità con Dio.
Forse quei luoghi erano veramente popolati da divinità pagane che qui non si manifestarono particolarmente ostili a quell’eremita.
La leggenda vuole anzi che talune di queste divinità fossero addirittura compiacenti e collaborative con tali primitivi monaci.
Ma la tentazione di ritornare sui suoi passi, il dubbio di fronte a queste impreviste situazioni erano chiaramente prove per quest’uomo; prove che una volta superate avrebbero consolidato la sua fede.
Tobia, come San Paolo, non desistette, non si lasciò intimorire dal satiro di turno…dall’umana paura, e alla fine trovò Paolo nella nella solitudine del monte, nel “desertum” della boscaglia sconfinata della Valdarda, e gli parlò, e pregò il Salvatore; e decise di restare per sempre sull’acrocòro del Moria che elesse a luogo della sua vita spirituale, che fin dall’inizio fu segnata da episodi penitenziali molto duri, di penitenza estrema, di delirio spirituale. Questa fu la sua formazione prima della vita comunitaria, prima del cenobio, prima di accogliere altri uomini ispirati che alla fine fondarono Tolla.

(Fine della sesta  puntata “I racconti del monte Moria”)
La storia romanzata da Sergio Efosi© (bozza non corretta)

1-Proprio San Damiano ci ricorda che per volontà del re Perctarit , Longobardo nato nel 645 circa, eletto, per la seconda volta, Rex totius Italie nel 671,  in associazione con Cunincpert, e morto a Pavia nel 688, furono inviati alcuni suoi confratelli, con a capo l’abate Tobia¹, in Valdarda affinché “civilizzasse” quel luogo lontano e impervio, ancora poco abitato e presidiato dalle truppe regie.
2-Qualcuno sostiene che si sarebbe trattato invece del vescovo di Parma molto vicino alla corte regia. Ma nell’elenco dei vescovi diocesano tale nome, per ora, non compare. Inoltre un vescovo ben difficilmente avrebbe rinunciato a presiedere una diocesi per isolarsi in uno sperduto cenobio dell’alta valle dell’Arda al tempo ampiamente disabitata (a meno che non fosse caduto in disgrazia politica).
*Episodio ispirato alla vita di Pietro e Paolo santi evangelizzatori.
**L’influenza storica di S.Paolo nell’elaborazione della teologia cristiana è stata fondamentale. Le lettere paoline definiscono i fondamenti dottrinali del valore salvifico dell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Cristo, ripresi dai più eminenti pensatori cristiani. Paolo non fu realmente un Apostolo con Cristo ma tale fu sempre considerato.

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