I CAPOLAVORI DELLA VAL D’ARDA TRA UOMO SAGGIO E QUELLO “SGREZZO”
(Sergio Efosi Valtolla, fotoamatore, escursionista e narratore)

Potremmo partire dal Po, risalire l’intera valle e raggiungere le cime del Lama, o se preferite quelle del Menegosa, e non rimarremmo delusi dal viaggio. Tanto ci danno la natura e la sapiente antropizzazione (dove si è conservata quella storica) quanto le bellezze artistiche realizzate nel corso dei secoli.
Spesso siamo noi piacentini che non conosciamo o che non facciamo caso al bello che ci circonda.
A volte (succede) sono anche le istituzioni che si disinteressano, per sottovalutazione e anche per mancanza di fondi dedicati.
Ma la formula “mancano i soldi” mi sembra un po’ abusata.
Ci sono luoghi dove l’energia della terra ci ha lasciato un segno maggiore della sua immensità; e taluni di questi son ben evidenti anche nella Val d’Arda.
L’uomo saggio ha realizzato monumenti, quello sapiente ha armonizzato il territorio con la natura facendone un’opera d’arte paesaggistica, quello “sgrezzo” ha devastato in nome di un presunto progresso, radendo al suolo boschi secolari dall’Appennino alla collina, alle rive del Po, costruendo case sugli argini dei torrenti, utilizzando in quantità abnormi concimi e diserbi per fare agricoltura intensiva, rendendo inservibili tantissime falde acquifere. L’uomo stolto ha trasformando in discariche a cielo aperto le sponde dei principali corsi d’acqua.
Ciò nonostante, per ora, i capolavori si distinguono ancora, taluni con bella evidenza.
Penso alle cime appenniniche e dunque al Menegosa, al Lama, a Santa Franca; alle colline vitate tra Vigoleno, Castell’Arquato e Gropparello dove insistono i borghi e i castelli più belli del comprensorio Val d’Arda.
Ma tante bellezze sono anche conservate e visibili nelle terre più basse da Fiorenzuola a Cortemaggiore, da Chiaravalle a Monticelli.
Terre dove si formarono lo Stato Pallavicino, si realizzarono palazzi, chiese e abbazie davvero uniche che contengono veri gioielli della più importante scuola dell’arte pittorica mondiale.
Terre, le nostre della Val’Arda, dove transitarono eserciti, pellegrini, santi, condottieri e lasciarono un segno artisti immortali.
Luoghi che poco per volta riscopriamo.
Ma una visione unitaria, un “prodotto” turistico che possa far conoscere questo c’è?
Ci sono le infrastrutture per ospitare, per far muovere i turisti con soddisfazione?
Ci sono al di là dei proclami e delle iniziative effimere, vere e inconfondibili “eccellenze enogastronomiche” che possano far sognare al turista e al visitatore un ritorno in Val d’Arda e a Piacenza?
Mi auguro che le risposte siano sempre più concrete, positive e costanti, ma la strada è lunga.