GLI ANNI DELLA GUERRIGLIA
Nessuno mai ne ha parlato diffusamente, in pochi hanno scritto che quando la pressione romana sui territori della “nazione ligure2 divenne insostenibile le loro élites dovettero ritirarsi nei luoghi più impervi, nei monti più alti del territorio.
Ma non si trattò di un vero esodo, e neppure di una fuga precipitosa di massa, quanto piuttosto di una scelta di resistenza verso i monti ritenuti più sicuri, verso le cime della devozione popolare.
E così “principi”, guerrieri di mercede e indomiti combattenti, che da anni alimentavano la guerriglia antiromana, senza alcuna organizzazione “nazionale”, senza coordinamento, si ritrovarono negli alti monti tra Arda, Ceno e Taro.
Si trattò di momenti durissimi, contrassegnati da carestie, da conseguenti epidemie e da eventi luttuosi che decimarono una popolazione già molto scarsa.
LA MARCIA VERSO IL MONTE PIÙ ALTO…
Tito Livio ci tramanda che i ligures, vivendo in aspre montagne, erano di fibra robustissima; sopportavano immense fatiche e si muovevano con estrema sicurezza e destrezza tra monti, rocce e brughiere. Abilissimi arrampicatori, negli ultimi anni di indipendenza, si erano ritirati in territori sempre più alti; si erano rifugiati tra gli alti monti dell’Appennino emiliano-ligure per organizzare una tenacissima e lunghissima resistenza antiromana.
Ma l’invasione romana era avviata e, irrefrenabile, si apprestava a conquistare Veleia e il veleiate.
VERSO IL “MONTE OLIMPO” DEL LIGURES…
Come ben sappiamo la divinità principale dei ligures era Pen (che in seguito i romani ridefinirono in Giove Pennino) che dall’alto dell’Olimpo dei liguri, il monte Penna, scagliava i suoi fulmini contro gli uomini in disgrazia somministrando pestilenze e turbamenti. Per questo i liguri, timorosi degli dei, si recavano abitualmente sull’alto Monte, e pure sul Pennino e sul Menegosa (verosimilmente anche sulla Rocca e sul Carameto), a far sacrifici per placarne ire e furore.
Tuttavia dopo tanti decenni di tenace resistenza i ligures veleiati capitolarono e anche il loro sistema montuoso invaso.
Ma per i romani non si dovette trattare solamente di questione “militare” quanto anche di ricchezza forestale e dei sottosuoli.
Ai romani era evidente il valore di queste estesissime foreste ma doveva anche esser giunta loro la voce che in questi monti c’era qualcosa di più prezioso.
Sapevano dell’olio di sasso della Valchero e della Valriglio, conoscevano la ricchezza delle acque salse, ma erano fortemente attratti dai metalli preziosi… dall’oro, dai cristalli e da altre meraviglie della natura.
Per questo occuparono i territori Veleiati più prossimi a Piacenza, l’intero sistema montuoso del Penna, la valle del Cenedola e del Ceno.
Realizzarono anche sui monti, o riusarono, edifici tanto per uso civile quanto per uso militare (di presidio).
Destinarono risorse per lavorare il cristallo che si ritrovava nei canaloni della zona del Penna e per estrarre l’oro nella valle del Cenedola. Sfruttarano le vene di sale naturale dell’ Alta Valdarda e l’olio di sasso di Veleia. Utilizzarono il prezioso legname delle vaste foreste dell’Appennino emiliano-ligure per realizzare ponti e fortificazioni militari.
RESISTENZA ESTREMA
Ma la resistenza dei ligures, concentrata in questi luoghi sacri, e anche “ricchi” di risorse naturali, durò tantissimo.
Verso la fine i più indomiti e i guerrieri, tentarono l’estrema resistenza rifugiandosi nelle grotte naturali più impervie dell’ampio sistema dei monti Penna, Lama e Menegosa, in quelle dove anche in piena estate si riusciva conservar la neve; in quegli anfratti scuri ove si calavano per mezzo un faggio o un pino rinsecchito e risultavano imprendibili, scomparsi nelle viscere della terra per riappare e tendere l’imboscata all’invasore romano…
In questi luoghi, i ligures, circondati e braccati, resistettero per lunghi decenni fino a quando i guerrieri ormai invecchiati e rassegnati si dovettero arrendere per poter restare tra i loro monti senza infastidire i nuovi padroni.
La storia romanzata da Sergio Efosi© (bozza non corretta)

Ottimo articolo. Comunque i Ligures avevano molte cime come sede del dio Pen, o Belen sul monte Bego in alta Val Roya, che ha molte incisioni rupestri del VIII secolo a.C., simili a quelle della Val Camonica (Ligures Camuni) e dell’arco alpino dal Resia al Beigua. A parte vi invierò un sunto delle ricerche storiche sulla adesione dei Ligures alla Repubblica Romana, terminata nel 13 a.C. e ricordata nel Trofeo di Augusto a La Turbie, all’epoca del Municipium di Albintimilium (Ventimiglia) oggi in Francia, Regione PAC (Provence-Alpes-Cote d’azur).
Saluti, Bafurno
Verissimo, a questo proposto ne parla bene il volumetto “I Liguri” di Renato Del Ponte. Grazie Salvatore.
Esistono altri siti web, es. “Archeonervia” o “Cultura Barocca”, che portano i risultati delle ricerche sulla cultura dei popoli “Ligures”, che non hanno formato mai una “Nazione”, ma avevano una rete di vie e “telegrafi ottici” che li collegavano. Dall’iscrizione della Turbie e le fonti storiche precedenti, abitavano l’arco dei monti dalla Valle dell’Adige all’Apuania, fino Lucca e Pisa. L’Archeonervia, di Andrea Eremita (uno dei realizzatori dell’Alta Via da Ventimiglia a Ceparana) porta i risultati delle ricerche nelle Alpi Liguri di opere databili dal 7.000 a.C. tra cui uno zigurrat sulla vetta del Monte Caggio (Bordighera). A parte invierò la lezione sul Monumento della Turbie.
Grazie di tutto, Salvatore Bafurno.
Salvatore so bene che non esisteva nessuna “nazione”…come non esisteva nessun “monte Olimpo” scritti in virgolettato per utilità della storia romanzata. Non mi permetto poi di entrare nel merito della storia di alto livello. Io scrivo racconti di storia romanzata e lo dico apertamente. Quelle rare volte che scrivo di storia cerco di farlo al meglio. Grazie per i tuoi commenti e per i tuoi suggerimenti.
I miei commenti hanno lo scopo di far conoscere gli studi fatti sui reperti e monumenti ritrovati nell’area Ligure che possono dare spunto ad un articolo, anche romanzato, di cultura locale. Saluti,Bafurno
Occasionalmente leggo il blog in riferimento agli argomenti liguri (ligures etc.), Volevo annotare avendolo riletto qui e in altro articolo, che Belen è il sole, ossia l’Apollo dei Romani. Sua compagna è Belisama, la Luna, in altre forme una sopravvivenza della Dea Madre. Penn è giustamente il Giove pennino dei Romani. Diana è dea romana della caccia, nella lersione ligure è Bormana, compagna di Bormano, dio delle acque e protettore del Lucus o bosco sacro (qui Lucus Bormani della zona ligure di Diano e dintorni. Vi saluto caramente seguendovi sempre all’occasione. Pietro Berti “Peo”.
Grazie per il commento