Cunicpert, re d’Italia Longobardo, muore e si apre una grave crisi dinastica, con scontri e ribellioni*.
In questa situazione caotica si rafforzano bande di predoni, spesso composte anche da arimanni caduti in disgrazia, che infestano il territorio padano seminando morte e terrore al loro passaggio.
Gli scontri coinvolsero anche le istituzioni religiose ritenute avverse all’una o all’altra parte in conflitto. Il monastero di Fiorenzuola, che verosimilmente sorgeva ove fu sussessivamente elevata la Chiesa Plabana (la Collegiata), poco distante dallo scorrere dell’Arda del tempo, venne ripetutamente attaccato, saccheggiato e dato alle fiamme.
E distante pochi passi dal monastero medesimo passava il vecchio e originario tragitto della via consolare Emilia; al tempo, e per lunghi tratti, percorribile ma molto insicura, con ponti crollati e selciato in massima parte divelto, una “larva” stradale irriconoscibile, che tuttavia indicava una direzione e focalizzava ancora attorno ad essa un minimo di attività e di infrastrutturazione.
In taluni punti funzionavano ancora le vecchie stazioni “postali” fondate nel periodo imperiale; quella di Fiorenzuola, ora ridottissima, era stata spostata proprio sulla sponda destra del torrente e internalizzata al “terrapieno” che fungeva da opera di difesa generale per gli insediamenti e anche spondale, per arginare le invadenti e frequenti alluvioni dell’Arda (che più volte nei secoli mutò tragitto e sconvolse la pianura della Valle).
Ma un giorno al monastero di Tolla giunse un grido di dolore, una richiesta d’aiuto «accorrete con urgenza, il monastero di Fiorenzuola è stato attaccato da una banda di predoni, i frati si sono asserragliati all’interno e resistono…accorrete in loro aiuto, fate presto».
E quel grido di allarme raggiunse l’intera valle, al tempo scarsamente popolata.
ACCCORRETE FIORENZUOLA È STATA ATTACCATA…
Era già fine pomeriggio, e Tolla distava da Fiorenzuola oltre 20 miglia, quando giunse la notizia.
Ma viaggiare attraverso boscaglie e le paludi dell’Arda di notte era escluso. Non c’era altra scelta che attendere le prime ore dell’alba seguente e sperare nella resistenza del monastero, dove si erano riparati anche tanti abitanti del circondario.
Mentre aspettavano di accorrere in soccorso, sconvolti dalla notizia e insonni, il drappello dei frati incaricato, con un manipolo di valenti arimanni locali, pregavano e si assopivano per risvegliarsi e di nuovo pregare, e così per l’intera serata fino al calar del silenzio.
Tra i monaci e gli arimanni di stanza nell’alta valle vi era chi, laggiù nella pianura, aveva lasciato parenti, fratelli, amici e la famiglia…
L’ardente desiderio di credere in un Dio misericordioso dai disegni imperscrutabili, ma giusti, e la speranza di ritrovarli “scampati” sostenevano i loro canti e le preghiere notturne.
Ma in quella mattinata la lontana bassa valle era oscurata da alte colonne di fumo che non lasciavano presagire nulla di buono…
Quella colonna silenziosa ma rapida percorreva il profilo più basso, quello seminascosto dalla vegetazione, tra la riva sinistra e la vecchia strada che dalla Fontana di Teodorico congiungeva la Via Emilia con l’alta valle. Il guado era silenzioso e spettrale: nessun movimento, nessun animale da fatica, nessun essere umano che si aggirava nei dintorni…
E nella mattina tarda, in quelle stanze del monastero e in quei luoghi devastati dalla furia dell’uomo, l’impotenza e la disperazione presero il sopravvento nei cuori dei soccorritori.
Il monastero era stato dato alle fiamme e i monaci uccisi, l’Abate Wildo, il cui nome indicava chiaramente la sua origine, e tanti frati, e civili, giacevano morti; Ansperto, l’anziano arimanno tenutario della “posta” appeso a un albero dopo aver subito torture, la figlia Desideria violentata e uccisa, e tutti gli altri soppressi o fuggiti nelle boscaglie e nelle paludi circostanti.
E le madri e le sorelle di alcuni giovani monaci di Tolla e degli arimanni barbaramente torturate e poi orrendamente mutilate.
«Mia madre mi ha trasmesso la vita, la vista e la gioia di crescere con Dio e ora che è morta la sento sempre più forte…che mi implora, che mi chiama, che invoca pietà …» confessò disperato il più giovane dei soccorritori.
E devettero essere sensazioni di devastante impotenza quelle provate dai soccorritori nel ritrovare il corpo martoriato di una fanciulla, o per un bambino ucciso tra le braccia della madre e per un padre torturato fino alla morte…
E non mancarono la pietà e chi accarezzò una guancia, baciò una bocca, conservò una ciocca di capelli e pianse disperatamente invocando la giustizia divina.
Era una prova difficile, non era la prima per tanti di loro ma era difficile accettare e constatare, e sopportare, tanta crudeltà.
E venne la sera e tutti quei poveri morti vennero ricomposti e sepolti.
Qualche scampato alla furia omicida dei predoni, nascosto nel folto della palude e della boscaglia, fece ritorno e raccontò dei momenti terribili, della furia predatoria, della confusione, del disperato tentativo di resistere asserragliati nel convento, della capitolazione e della fuga fortunosa …
Qualcuno passò una mano tra i capelli della madre e la strinse a sé prima del distacco definitivo; e ci fu chi accarezzò la testolina rapata del ragazzino che giaceva inanimato, chi sfiorò una mano, un viso, una guancia…e chi pianse disperato.
«Avremmo forse potuto impedirlo? I nostri cari sono andati incontro a morte atroce e saranno accolti nel più alto dei cieli e veglieranno su tutti noi-disse il superiore, l’Abate di Tolla-…pregate il Signore che ascolti le nostre suppliche».
E calò infine un silenzio quasi imbarazzato per aver avuto la vita salva, miglior sorte, e fu ancora l’abate di Tolla a parlare per primo.
«Fratelli, da quando ho sentito la notizia ho sperato che non fosse così; e ho pregato con voi per invocare il nostro Signore misericordioso che fermasse la mano del predone, del bandito…ma ora abbiamo visto di cosa è capace la furia umana, incurante delle suppliche, incurante dell’innocenza, lontana dai precetti della fratellanza…».
E al termine della mesta cerimonia di sepolatura, il capo degli arimanni, intervenne sentenziando: «Non vi lascerò trascorrere la notte in questo posto pieno di tristezza e desolazione, potrebbero avvicinarsi altre bande di predoni e sarebbe anche la fine sicura per tutti noi, dobbiamo allontanarci alla svelta prima del calar del buio… ».
E lo sguardo di tutti cadde sugli orizzonti cupi della pianura, e il pensiero sulla disgrazia e sui volti delle vittime…
Viaggiare attraverso le paludi e la boscaglia di notte era troppo pericoloso, era da escludere; occorreva dunque trovar un riparo.
E con la luce della prima sera raggiunsero, il primo colle di San Lorenzo, transitando tra messi abbandonate, povere capanne lasciare incustodite nella fuga precipitosa degli uomini, con masserizie sparpagliate ovunque e animali vaganti nella campagna.
Durante la marcia forzata altri si unirono alla colonna, altri che avevano udito il fragore della battaglia, il lamento dei resistenti, il pianto disperato delle vittime e l’urlo della ferocia dei predoni. Profughi con il terrore negli occhi che chiedevano protezione…
E dalla torre del colle, poco oltre il margine dell’Arda, sulla sponda destra, uscì il comandante della guardia venendo loro incontro allargando le braccia in segno di benvenuto…
Quella sera trascorse con la guardia entro quelle mura di pietra, a raccontar del tragico destino che nessuno comanda; destino che è prerogativa del solo Creatore, un dono che qualche volta raggiunge gli onirici pensieri umani.
Quei pensieri che non puoi spartire con nessuno, e a volta diventano un peso enorme, fonte di angosce infinite, di rimpianti e di notti insonni, come quella che si apprestavano a trascorrere frati e soldati sulla via del ritorno, e profughi scampati dalla predazione di Fiorenzuola in fuga verso il monte a cercar nuova vita, verso l’Abbazia di Tolla…
(Fine della nona puntata “I racconti del monte Moria”)
La storia romanzata da Sergio Efosi© (bozza non corretta)
*Cunicpert (Cuniperto il Pio), re d’Italia, longobardo, morì nel 700 all’età di circa 40 anni; regno complessivamente 20 anni.
l’incendio di Fiorenzuola…