Nel 1818, il 20 giugno, in Piacenza nei bastioni delle mura, nei pressi della chiesa di Santa Maria di Torricella [quella vicina alla stazione dei treni che confina con borgo faxhal] fu impiccato un giovane contadino di san Michele valle di tolla reo di aver deliberatamente ucciso la moglie “Catterina Oddi” il 7 gennaio 1817.
Lo sfortunato contadino di 22 anni, “Bartolommeo Taburroni” [Tabarroni?] del fu Giacomo residente a San Michele valle di Tolla venne ritenuto colpevole di aver ucciso, per futili motivi, la moglie rompendogli l’osso del collo.
La giustizia del ducato di Parma e Piacenza, anche con sentenza in cassazione, confermò la pena di morte per impiccagione che fu eseguita con il conforto della confraternita come si usava al tempo.
Nell’atto che la confraternita medesima ha stilato, a cura del conte Giovanni Battista Anguissola, guardiano della medesima, sta scritto una supplica al Signore ” ..a ritrovarvi domani alle ore 10 della mattina alla cappella dei conforto al caritatevole oggetto di accompagnare il Paziente al luogo del Supplicio….”.
Cosa era successo?
Pare che i giovani sposi Bartolomeo e Caterina vivessero dalle parti di casa Oddi nella casa della famiglia dello sposo con la madre dello stesso, vedova.
Erano contadini proprietari ma era la madre che esercitava il comando famigliare e un controllo su tutto in maniera energica.
La madre riusciva a condizionare lo stesso giovane figlio, neo sposo, tanto che la stessa poteva decidere anche sulla gestione della dispensa esautorandone, di fatto, la giovane Caterina che ne avrebbe avuto diritto.
La giovane sposa, bella e avvenente, mal sopportava tale situazione che comportava continue restrizioni alimentari anche quando non ve ne fosse stata la necessità.
Questo provocava malumori e furibonde litigate tra i due sposi ben udite in paese…
Il granaio, la madia e gli armadi erano sorvegliati speciali e così capitò che la giovane sposa si accorgesse che vi era l’abitudine, nella famiglia dello sposo, di far maturare “formaggette” nel frumento che a sua volta era conservato in una capiente, grande cassapanca chiusa con un pesante coperchio di legno di castagno e lucchettone.
Un bel giorno la sposa, pensando forse di poter agire indisturbata, fu sorpresa proprio dalla madre del suo sposo intenta a rovistare, reclina, nella cassapanca con le braccia immerse nel grano per tentar di raggiungere le formaggette ivi nascoste per impossessarsene….
Senza farsi udire, la vedova, rinchiuse violentemente il pesante coperchio della capiente cassapanca incastrandovi la malcapitata che, di colpo, si ritrovo con l’osso del collo spezzato.
la vecchia accortasi che nessuno poteva averla vista rientrare in casa si allontanò frettolosamente lasciando che nel frattempo potesse rincasare il figlio, sposo di Caterina.
La madre si procurò anche di poter essere nei pressi della casa per la macabra scoperta così da poter soccorrere il figlio e chiamare aiuto.
Era evidente che qualcuno aveva dovuto uccidere la poverina e i sospetti ricaddero sul giovane.
La giustizia fece il suo corso e il poveretto venne impiccato.
Dopo alcuni anni la madre dell’impiccato, sul letto di morte …..solo in quel momento, al cospetto di Dio pronunciò la terribile verità…..
Storia vera o non vera?
Vera la sorte che toccò alla coppia di sposi: l’una uccisa, l’altro accusato e impiccato a soli 22 anni, innocente.
….. Che bello risentire questa vecchia storia …. Ce la raccontava sempre il nostro grande parroco Don Emilio Rigolli ….tabarroni …. La storia di tabarroni ….. Grazie Sergio per il gradito ricordo
grazie per le precisazioni…
sul documento che ho inserito nel post è scritto taburroni e non tabarroni …..nell’articolo li metteremo entrambi.
a presto.