I racconti del monte Moria

L’ANTEFATTO

A metà del VI secolo la situazione della Valle del Po, e dell’intera penisola italica, non era affatto facile. La lunga guerra gotica tra Bizantini e Ostrogoti, che sarebbe durata oltre 25 anni, ebbe come conseguenza la rovina di tutte le città e di tutte le corti agrarie; la provincia di Piacenza venne saccheggiata cinque volte, la stessa sorte toccò alla “curtis” fortificata di Castell’Arquato che venne ripetutamente assalita e depredata, presa dagli Ostrogoti e ripresa dai Bizantini, e i suoi occupanti massacrati.

Decine di villaggi Valdardesi subirono la stessa tragica sorte. Nella Provincia di Piacenza morirono di sola fame, durante la lunga guerra, oltre 50.000 persone, oltre l’80% della popolazione. Le grandi strade e i grandi acquedotti romani erano ormai fatiscenti e caddero in disuso. Centinaia di statue bronzee furono fuse per farne “proiettili” per le macchine da guerra del tempo…i cristiani fedeli a Roma sempre più, e nuovamente, perseguitati. Era l’inferno.

La situazione non era facile e molti cristiani decisero di optare per la vita eremitica, seguendo l’esempio dei primi anacoreti del medio oriente.

IL PRIMO RIFUGIO DEL MONTE MORIA

Si racconta che un certo Tobia, ancora molto giovane, che forse era stato sacerdote, sul finire del VI secolo decise di salire sull’acrocòro, sul vasto altopiano montuoso del Moria.

Si racconta che al tempo il luogo fosse particolarmente impervio e inospitale, anche a causa del brusco cambiamento climatico che comportò una mini era glaciale nell’intero nord Europa, pianura padana compresa.

Tobia optò per il Moria poiché era particolarmente freddo, impervio e appartato; e si rifugiò in una grotta scoperta tra le rocce del monte Tollara, dove avrebbe condotto la sua esistenza di preghiera e meditazione.

Dal suo rifugio usciva in inverno per recarsi a fare il bagno delle acque gelide del laghetto del Prato delle Lame; e in estate per rotolarsi tra le ortiche per castigare il suo corpo da penitente.

Trascorsero oltre 10 anni e giunsero sull’acrocòro del Moria altri eremiti. Per la gente del fondovalle erano gli “asceti del monte Tollara”.

All’inizio del nuovo secolo, il VII, si decise di costruire un cenobio, trasformando in tal modo la vita anacoretica in vita monastica collettiva.

Con l’utilizzo di attrezzi rudimentali, auto-costruiti, venne realizzato un grande edificio in pietra e legname locali.

Per una serie di coincidenze e per cause da chiarire, questo primo edificio andò distrutto dalle fiamme e dai saccheggi di bande di mercenari e predoni locali, e ricostituito, per almeno sette volte, tra il 605 e il 630*.

Il primitivo cenobio era costituito da un edificio rettangolare in pietra con copertura di legno, che venne sostituito nel corso dell’ultima ricostruzione con un robusto tetto di pietra.

Intorno all’edificio era stato eretto un muro di pietre a secco alto quanto un uomo per difendere la pace cenobiale e l’orto dagli animali selvatici.

All’interno del recinto vi era un’alta e sottile torre circolare in pietra con all’interno una lunga scala a pioli che veniva utilizzata per salire sulla sommità coperta di sottili lastre di roccia scura, con tre piccole feritoie, per la preghiera e la meditazione a turni.

Ma un giorno, da quelle parti giunsero i monaci di San Benedetto che invitarono il “vecchio” Tobia a unirsi a loro per realizzare un nuovo cenobio…

Era iniziata l’era di Tolla.

(Fine della prima puntata “I racconti del monte Moria”)

La storia romanzata da Sergio Efosi© (bozza non corretta)

*Forse tutta la storia andrebbe posticipata di almeno un ventennio, ma anche no.

chiesa-celtica
Ricostruzione di cenobio alto medievale

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