
Lo Stato Italiano celebra il 150° anniversario dell’unità ma noi, con una serie di articoli che pubblicheremo, non intendiamo affatto entrare nel dibattito che sta suscitando, non ne abbiamo sufficienti capacità. Cercheremo di “prendere una nostra strada” autonoma, più sociologica, limitandoci alla nostra vallata. I post che pubblicheremo, di conseguenza, svilupperanno tutti una domanda: quali sono stati i segni tangibili della presenza dello Stato unitario in valtolla? Per fare questo “riprenderemo tutte le informazioni possibili” ricavate dai numerosi libri di storia locale cercando di fare dei testi brevi.
ERA BELLA, LA NOSTRA VALLE, ERA UN SOGNO….
Anche oggi, del resto, “la fa un gran bel ved”, come si dice in zona, soprattutto se la vedi da lontano. Ma ai tempi, era bella anche, anzi soprattutto, vista da vicino: appariva superba.
Delimitata in alto da cime sinuose, intercalate da picchi rugosi e maschi, è solcata nel bel mezzo dell’Arda che serpeggia limpida a valle. Le sue sponde sono ricoperte da una vegetazione fitta, verde cupo, alternata da prati discreti, densi di fiori bianchi, gialli e blu che spiccano tra l’erba di un verde più tenue e delicato….
La vallata si mostra così a maggio, in uno dei suoi momenti migliori: umile, bella, calda ed accogliente come le belle donne che la popolano……
E’ così adesso, ma voi avreste dovuto vederla come era circa un secolo fa, nel momento del suo maggiore fulgore. Allora non era certo modesta, era orgogliosa, addirittura superba, con molte buone ragioni per esserla. Se qualcuno mi dicesse che era anche sprezzante, non farei fatica a crederlo: se lo poteva permettere.
Dalle sponde del fiume a valle, su, fino a lambire i Teruzzi, la zona era ricoperta da querce immense, da cerri alti e numerosi tanto da oscurare il cielo.
E questo su entrambe le rive del fiume, che scorreva limpido e tranquillo, mormorando tra gli alberi quasi essi fossero i garanti della sua purezza. Era belle, la nostra valle, era un sogno.
Ma come tutti i sogni ebbe un risveglio, anzi un brutto risveglio attorno al 1920, quando la sua foresta fu rapidamente trasformata in deserto….
Oggi la valle è invecchiata: dell’antico splendore resta intatta solo la cresta montana….
Quella che una volta era una immensa foresta di alberi ad alto fusto, con tronchi simili a colonne di cattedrale, enormi tanto che non bastavano due uomini per abbracciarli, ora produce solo legna da ardere: il mercato, non la natura, vuole così.
[testi del post riprodotti in corsivo sono tratti da “la saga dei Sarè” di Piero Cavaciuti].
Quel “taglio” per far traversine per le ferrovie e poco più, portò un effimero benessere in una zona povera ma non si trattò di gloria duratura: finito il taglio, le imprese che avevano “eseguito” il lavoro, se ne andarono e tutto svanì in pochi anni.
Il grande bosco, secolare, era sparito, la” fabbrica smontata” e dipartita con il prezioso legname; il lavoro finito e nulla di alternativo si era, nel frattempo, costruito.
In realtà, quell’operazione, era l’avvisaglia di “funerale” che si celebrò nei decenni successivi al 192o con un’emigrazione di massa senza precedenti.
Ancora una volta, come negli ultimi secoli era capitato di frequente, lo Stato arrivava per “prendere ” e pretendere [anche ad imporre] …. a buon prezzo, a solo proprio vantaggio.
Lo stato lo ricordavano, da queste parti…..certo che lo ricordavano! Ricordavano quando Napoleone bruciò Pedina, requisì muli e i pochi animali da soma esistenti, pretese che i giovani accettassero una leva di anni e anni lontani da casa; ricordavano i nobili di turno che da secoli “depredavano” i poveri contadini locali per viver d’ozio parassitario in città……
( PER LEGGERE IL TESTO ANCHE IN FRANCESE.. CLIQUEZ ICI! )
[continua]