VALDARDA: GRAN CRU, ESCURSIONISMO E TURISMO… di Sergio Efosi .
Considerare la media Valdarda e Valnure, e zone limitrofe, con Carpaneto, Gropparello, Pontedell’Olio, Vigolzone, Castell’Arquato, Vernasca e Lugagnano capitale del gusto piacentino forse è troppo; e anche senza forse perché, per il momento, non esistono le condizioni e neppure l’interesse per valorizzare tale “condizione”.
Ma andiamo con ordine perché la recente, un po’ scarsa ma eccellente, vendemmia mi ha solleticato qualche ulteriore pensiero.
Castell’Arquato, sicuramente il borgo più bello della zona, al centro di una vasta area vitivinicola di qualità, dove convergono migliaia di turisti e visitatori ogni anno non è mai riuscito a realizzare un’enoteca (vera), di respiro quanto meno nazionale, ma è pur sempre il centro di un interessante manifestazione turistica del vino in forte crescita: il Monterosso festival, la celebrazione del vino bianco della tradizione locale.
Carpaneto, il centro della Valchero, con economia fortemente agraria, con la Festa della Coppa fa la sua parte celebrando il salume più conosciuto e apprezzato a Piacenza e un po’ anche oltre; e se Gut longa e/o la fiera di primavera sapranno fare il bis, con il gutturnio, il vino rosso piacentino più apprezzato e conosciuto, allora avremo fatto un buon balzo in avanti.
Manca però qualcosa che possa unire le due-tre manifestazioni citate; qualcosa che le renda permanenti, attraverso un unico percorso di promozione del gusto piacentino.
Manca una sorta di congregazione (leggera) in costante collegamento con il movimento del “turismo del vino” che vada alla ricerca, con l’università cattolica e i produttori più avveduti, dei vitigni autoctoni perduti; un luogo d’incontro dove presentare ricerche, promuovere dibattiti e incontri per il turismo legato al cibo e al buon bere.
Ma anche un luogo di studio della cultura agraria e contadina; e di ricerca sui piccoli luoghi, sui piccoli borghi antichi collinari tra Magnano e Tavasca, Vigolo Marchese e Diolo, Bacedasco e Vigoleno, ecc…dove si producevano eccellenze prima ancora che si denominassero i nostri migliori vini “Gutturnio”, “Monterosso” e “Ortrugo”.
Per chi ancora non lo sapesse, a coloro che han perso la memoria, rammento che a Tavasca e dintorni, terre antiche del veleiate, producevano un vino rosso che era unico come gusto e colore, e che oggi chiameremmo “Tavasca” o meglio ancora Gutturnio della terra di Tavasca; oppure, se amate i francesismi, Gutturnio gran cru Tavasca.
A Monterosso, San Lorenzo e Martani, nella bassa collina della Valdarda, nella terra del Piacenziano “sconosciuto” ma autentico, si produceva un bianco frizzante, molto aromatico, semisecco che chiamavano “Sampagn” [scritto proprio così] che ora potremmo definire Monterosso tradizione della Valdarda che conteneva, tra l’altro, quell’uva cosi profumata e dalla buccia spessa che volgarmente chiamavamo “malvasia candida” [Malvasia di Candia], un’uva generosa che ben si è adattata ai nostri terreni e che ha vissuto in connubio con il moscato e l’ortrugo, quando quest’ultima uva era considerata solo per il “taglio”; quando ancora non era celebrato quale piacentino verace.
E tra Bacedasco e Vigoleno, tra le dolci e meravigliose colline della Valdarda, Vallongina e Valstirone si produce ancora l’antico vin santo originale con le poco note uve santa maria e/o melara e/o bervedino che ora si mescolano con trebbiano romagnolo e/o ortrugo (ancora l’onnipresente orturgo).
E non meno utile alla causa sarebbe anche la promozione e la valorizzazione di un turismo nuovo legato al paesaggio agrario, che nelle zone citate, è veramente da invidia; un paesaggio che rasenta le bellezze, quando non le supera, del Monferrato.
Ma a dire il vero qualcosa c’è, ancora poco ma c’è.
Pochi anni fa un gruppo di amici, compreso il sottoscritto, tracciarono un sentiero ad anello che attraversa le basse colline di San Lorenzo, Monterosso e Martani, un sentiero devozionale legato all’antico culto locale nei confronti di Santa Franca ( tra San Lorenzo e Monterosso è anche un tratto di Via dei Monasteri Regi, deviazione della Via Francigena valdardese).
Un sentiero di circa otto km che attraversa una zona vitivinicola importante e tradizionale del comune di Castell’Arquato. Un sentiero, interamente segnalato e “spiegato”, con scorci panomramici da invidia come se ne potrebbero tracciare e segnalare tanti altri per renderli fruibili a chiunque lo voglia.
Un modello estendibile, con facilità e costi bassissimi, a tante altre località tra Gropparello e Vernasca passando per i comuni intermedi, fino al completamento di un vero circuito del vino per turisti/ escursionisti a piedi, in mountain bike, a cavallo, fruibile sempre in ogni stagione.
Quest’anno berremo bene, la tremenda siccità non ha compromensso la qualità delle uve che daranno vino eccellentissimi, ma è meglio non dormir sugli allori…
Anche i produttori, e quelli più giovani in primis, comprendano che poco per volta l’era della damigiana terminerà, che sta per iniziare l’era del totale rispetto della natura agraria, della messa al bando della pratica deleteria del diserbo dei vigneti, dei trattamenti antiparassitari indiscriminati, che anche agli sportivi e agli escursionisti come lo scrivente (e i miei amci) non dispiace bere buon vino genuino e vero, come la terra (e la sapienza contadina) della valdarda e zone limitrofe ci ha sempre dato.
Poi ci sono la coppa e i salumi DOP e il formaggio grana padano, perché in pratica qui c’è ancora tanta agricoltura, e di ottima qualità.