
Sgomberato il terreno negli “avamposti” dell’insurrezione – quali possiamo pensare fossero Bardi e Borgotaro -, le truppe francesi si diressero verso quella che era ritenuta il “centro” della rivolta, e cioè la Val Tolla.
L’entrata nella Val Tolla era facilitata dalla Via Francigena, che da Bardi saliva al Passo del Pelizzone – dove era esistito, fino a qualche secolo prima, l’Ospizio omonimo – e quindi scendeva nella Valle dell’Arda, detta appunto Val Tolla (dal nome dell’Abbazia situata anch’essa lungo la stessa via, nella zona detta, per lo stesso motivo, “Monastero”, abbazia che da circa mille anni era stata il luogo più importante della valle, sia religiosamente, sia economicamente e anche politicamente). Ritornate da Borgotaro a Bardi il giorno 9 di gennaio, il giorno 10 (ndr: gennaio 1806) le truppe francesi entrarono nella “Valle di Tola” – come scrive Lebrun -, si deve pensare, appunto, attraverso il Passo del Pelizzone. Questa entrata nella Val Tolla risultava particolarmente significativa e importante, se intervenne anche l’Arciprete di Bardi – dove risiedevano da alcuni giorni le truppe francesi – ad esortare gli insorti della Valle a desistere dalla loro ribellione. Il messaggio dell’Arciprete era portato da due prigionieri (si deve pensare tra quelli fatti nei combattimenti di Bardi e di Borgotaro). Ma l’invito non fu accolto dagli insorti: segno che questi si ritenevano abbastanza forti da poter resistere; oppure era così grande il loro astio verso i francesi da indurli a rifiutare ogni compromesso. A quel primo invito portato da due prigionieri, ne seguì un secondo, portato da quattro prigionieri. Ma anche questo secondo invito venne rifiutato. Indubbiamente non era l’accortezza diplomatica o l’interesse immediato a guidare questi nostri insorti. Al ripetuto rifiuto di arrendersi – si può pensare conforme al carattere della nostra popolazione montanara dell’epoca, cioè un carattere caparbio e tenace, ignaro dei compromessi e di ogni azione che sapesse anche solo apparentemente di viltà -, la truppa francese adotta il metodo giudicato più idoneo alla situazione, un metodo di strategia militare: si divide in due distinte “colonne” e inizia la sua discesa nella valle. Penserei che una colonna si sia diretta verso la borgata più vicina al Passo del Pelizzone, cioè a Casali. Probabilmente è stata la colonna che aveva con sé il Comandante di tutte le truppe discese nella valle (il Viviand?), in quanto – come vedremo tra poco – gli ordini d’azione verranno proprio da questa borgata.
L’altra colonna - si deve pensare – discese lungo il tratto della Via Francigena che, attraverso la frazione Perotti, arrivava nella località Arda, dove si trovava il passaggio sull’omonimo torrente, passaggio segnato da un’antichissima Osteria (la più antica – si può pensare – di tutta l’alta valle, e forse, secondo l’uso romano di erigere osterie nei pressi dei passaggi dei fiumi, di origine appunto romana). Si trattava di un passaggio su cui sovrastava, a poche centinaia di metri, dal lato sinistro del torrente, un piccolo pianoro, dove era sorta un’antica minuscola borgata, forse di origine longobarda, detta Salino o Salini, e nell’articolo del Lebrun Sallini. Intorno a questa piccola borgata e ai relativi “fatti” ritornerò appena sotto. Le due colonne francesi scesero dunque la valle: una – ripeto – probabilmente verso Casali, l’altra verso la località Arda, dove l’antica strada oltrepassava il torrente, portandosi sul lato sinistro del medesimo, per raggiungere la località Pedina (quivi esisteva la chiesa parrocchiale che dava il nome al “Comune” di Pedina, appunto); proseguiva verso Sperongia, raggiungeva Monastero, e arrivava quindi a Lugagnano, a Castell’Arquato e finalmente a Fiorenzuola, dove si congiungeva con la Via Emilia.
Il Lebrun scrive che le due colonne scesero tra i boschi e la neve. Effettivamente tutta la zona più alta della Val Tolla era in gran parte, com’è tuttora, coperta di boschi; la neve era poi quella del periodo centrale dell’inverno: eravamo, infatti, al 10 di gennaio. Ma oltre ai boschi e alla neve, Lebrun accenna anche a “qualche fucilata”. Si può pensare che le fucilate partissero da qualche altura lungo la strada o comunque da qualche sito piuttosto sicuro per chi attaccava, sito che poteva offrire anche qualche via di fuga, noto soltanto agli abitanti del luogo.
Queste fucilate erano il segno di ciò che doveva avvenire poco dopo, quando la colonna fosse giunta al sito “Arda”, cioè al passaggio del torrente, cui ho accennato appena sopra.
*Estratto dell’articolo “L’INSORGENZA DEL 1805-6 NELL’ALTA VAL D’ARDA” di Santino Cavaciuti, contenuto in “Quaderni della Valtolla”, numero 8 del 2006 (è ancora disponibile qualche copia della rivista numero 8 del 2006 con l’intero articolo citato di pagg.57). Per leggere dei moti antinapoleonici in Val Tolla e della storia della zona puoi collegarti al blog” quaderni della valtolla”.